Articoli I di Inter: relazioni di valore
Come collegare persone, lingue, esperienze e conoscenze diverse per generare valore nuovo? Scopriamolo con un caso che, attraverso la collaborazione ‘inconsapevole’, trasforma l’incomunicabilità in intercomunicabilità.
Il prefisso ‘Inter’ trova largo impiego nel vocabolario d’impresa, venendo applicato ai più diversi concetti per esprimerne la relazione ed il coinvolgimento tra più soggetti.
Come già ricordato da Cristina Favini nell’introduzione del Quaderno #5 di Weconomy(disponibile qui), i business hanno “sempre più a che fare con ‘tavoli accelerati’ INTERaziendali, INTERnazionali, multiculturali che devono essere gestiti contestualmente e contemporaneamente, dove le parole e le informazioni sono spesso la causa di incomunicabilità e impediscono il progresso.”
La tecnologia amplifica la comunicazione nello spazio e nel tempo, veicolando i contenuti in maniera capillare ed indifferenziata. In questo contesto, se si vuole avviare un processo comunicativo collaborativo, è necessario ingegnerizare il proprio messaggio tenendo conto dell’influenza INTERculturale ed INTERdisciplinare che necessariamente condiziona lo scambio.
L’opportunità che offre questo ‘INTERpaesaggio’ non risiede solo nell’amplificazione della ricezione ma anche nello sfruttamento delle sinergie INTERrelazionali che si possono generare.
In questo senso l’esempio Duolingo offre uno spunto interessante rispetto alla dimensione INTER. Il caso, già trattato nell’articolo Le due facce della gamification, ci mostra come queste sinergie possano generare nuovi business models anche in campi più tradizionali come l’apprendimento delle lingue straniere. Questa piattaforma elettronica (sito+app), che permette di imparare le lingue in maniera efficace, divertente e soprattutto gratuita, ha di recente subito un incredibile aumento della propria base d’utenti anche grazie al titolo di App of the year sull’Apple App Store: in un solo mese, tra dicembre e gennaio, il numero degli iscritti è passato da 16 a 20 milioni.
La compagnia, lanciata al pubblico nel giugno del 2012, offre lezioni quiz-based per l’apprendimento di lingue che vanno dall’italiano all’inglese, passando per lo spagnolo, il francese e il portoghese (ed in futuro giapponese, russo e, sembrerebbe, Klingon) con una logica gamificata che ingaggia gli utenti nel tornare più e più volte ad utilizzare il servizio. Quest’ultimo elemento è fondamentale all’interno del business model dell’azienda che, complementarmente al servizio di online learning, attraverso le esercitazioni degli utenti, traduce siti internet di pubblica utilità in diverse lingue (come ad esempio articoli di Wikipedia) oppure testi forniti da clienti che pagano per il servizio. Una volta tradotti, i pezzi vengono votati da altri utenti madrelingua e, quelli con i punteggi più elevati, sono poi ricombinati all’interno del testo originale. In questo modo Duolingo può far pagare i servizi di traduzione ai propri clienti, continuando a mantenere il servizio d’insegnamento free. Questo tipo di servizio potrebbe risultare molto utile, ad esempio, per i grandi giornali venduti nelle metropoli statunitensi, molto popolate anche da comunità Latine.
Un’ultima curiosità: uno dei due fondatori della startup, Luis von Ahn, è stato anche il creatore di ReCaptcha, servizio gratuito di Captcha che, grazie alle immissioni degli utenti, aiuta a digitalizzare libri, giornali e vecchi radio shows.
Un’ulteriore dimostrazione di come in ambiti collaborativi sia possibile estrarre nuovo valore, più o meno consapevolmente, da episodi d’utilizzo che altrimenti ne sarebbero privi, a patto di progettarne le INTERrelazioni tra gli output ottenuti.