Innovation Le nuove mappe del work landscape
Alcune ricerche e innovazioni nel campo tecnologico stanno ridisegnando i confini del work landscape.
Abbiamo detto che la componente umana in questa società tecnologicamente infusa genera ancora un vantaggio competitivo. Nella collaborazione, ad oggi, la tecnologia viene utilizzata principalmente come strumento per facilitare gli scambi.
Il vastissimo spettro di ecosistemi digitali sta però rendendo sempre più difficile la collaborazione tra gli strumenti stessi, creando così dei colli di bottiglia che rendono i processi più lenti e inefficaci. Non basta più, infatti, che gli individui siano in grado di cooperare tra di loro ma è necessario anche che essi collaborino con sistemi tecnologici e che gli stessi sistemi tecnologici collaborino tra di loro.
IBM e Cisco hanno avviato una collaborazione che, grazie ai potenti mezzi di intelligenza artificiale dell’azienda di Armonk, ridefiniranno, nelle parole di Jens Meggers, il lavoro quotidiano grazie all’”Intelligent Collaboration”. Piattaforme collaborative digitali di diversa natura saranno in grado di dialogare tra loro supportate da Watson che agevolerà il flusso di lavoro, prendendosi cura delle task ripetitive. Perchè, che si tratti di codice o che si tratti di relazioni umane, avere un linguaggio comune è un requisito fondamentale per collaborare.
Il panorama lavorativo sta quindi cambiando e lo vediamo anche da altri indicatori: Microsoft, per esempio, ha acquistato LinkedIn, rafforzando l’idea che hardware e software non sono abbastanza, il futuro è nel network, come abbiamo anche visto su Making Weconomy #8. Il World Economic Forum, inoltre, ha di recente pubblicato un articolo scritto da Daron Acemoglu, professore di Economia Applicata presso l’MIT, che descrive come le professioni potrebbero essere rivoluzionate dall’avvento di tecnologie basate su un’avanzata AI. Un dato, in questo senso, che però può in qualche modo spaventare è quello proposto da una ricerca della City and Guilds Group che mostrerebbe come la maggior parte dei lavoratori non riesca a vedere come il futuro potrebbe portare disruption; basata su un sondaggio proposto a 8000 lavoratori del Regno Unito, Stati Uniti, Sud Africa e India, la ricerca evidenzia come la maggior parte degli intervistati pensi che le loro skills e i loro impieghi rimarranno rilevanti nei prossimi 10 anni e non saranno influenzati dall’avvento delle macchine.
Percezioni ottimiste ma che sembrano non tener in alcun modo conto di quanto velocemente stia cambiando il futuro.