Storie individuali e racconti collettivi. Per uscire dalle classificazioni

People Storie individuali e racconti collettivi. Per uscire dalle classificazioni

Per scoprire il modo in cui le nostre biografie creano uno spazio di confronto per far evolvere le competenze che, così, diventano uniche e acquistano identità

  • C'è sempre qualcosa di "poco pratico" alla base di ogni abilità: è la nostra biografia
  • La nostra biografia è ciò che individuo il nostro punto di partenza e dove vogliamo arrivare
  • Se è importante scoprire l'unicità delle persone, è fondamentale ripartire dalle loro storie e metterle in relazione con un racconto collettivo più grande: la vita di un'organizzazione

Qual è la tua storia?”. Esiste qualcosa di più potente di questo per iniziare una relazione?

Ho pensato esattamente così, quando, in una strada di New York, ho visto una ragazza seduta su una panchina, vicino a lei un cartello con questa domanda scritta con una grafia larga e aperta, con un grosso pennarello nero. Lei aveva un’espressione molto calma. L’impressione, guardandola, era che fosse seduta lì, avendo a disposizione tutto il tempo del mondo. Vicino a lei c’erano un quaderno aperto e un bicchiere di caffè vuoto, ai piedi indossava assurde infradito con dei grandi fiori arancioni, lo stesso arancione dei suoi pantaloni. 

Perché ricordo così bene il colore di quei fiori?
erché quella domanda è stata un pugno nello stomaco, per me che passeggiavo al sole cercando un modo per occuparmi di “persone”, e non solo di “ruoli”, nel lavoro che stavo per iniziare. Avevo improvvisamente trovato una risposta: recuperare le storie, riscoprire le individualità, i dettagli, il perché di quei fiori arancioni, per esempio, ritornare al senso delle “biografie” quando si lavora su concetti complessi e universali come quelli di formazione e sviluppo. Ho scoperto solo dopo che quella ragazza, come tanti altri, è una story-hunter, una “cacciatrice di storie”, uno di quei mestieri nuovi e belli che il futuro aspetta e che dobbiamo raccontare. Esplorare le storie, cercare tracce biografiche, comprendere i valori, le emozioni, le idee, le conoscenze, come primo gesto per abilitare una riflessione realmente di senso quando si lavora, da esseri umani, con esseri umani. Spaccare la genericità della parola people e collezionare i vissuti, i bisogni. Da quel giorno, penso che sia questo il punto di partenza, quando lavoriamo sullo sviluppo di competenze, perché il reskilling non è l’aggiornamento di un software, ma un processo più profondo che deve ripartire dalle biografie.

La biografia si fonda sull’unicità delle persone, su ciò che, in ognuno di noi, è indisponibile alle classificazioni, ma che influenza tutto quello che sappiamo fare e che siamo disposti a fare, il nostro modo di entrare in contatto con gli altri e il contributo che possiamo dare. La biografia è ciò che rende gli individui punti di interesse, come luci su una mappa quando è buio, come i puntini da unire per comprendere il disegno che la loro unicità compone. Tutto questo perché le organizzazioni sono luoghi umani, dove le biografie individuali creano quel tessuto collettivo di biodiversità che, se conosciuto, aggiunge valore moltiplicando i punti di vista. Come una stratigrafia da osservare con attenzione.

Ma come riuscirci? Non solo in quella strada, ma anche in azienda, fare la stessa domanda: “Qual è la tua storia?”.

La nostra biografia influenza tutto quello che sappiamo fare e che siamo disposti a fare

E prendersi il tempo giusto per le risposte, per l’attenzione che impone una domanda di questo tipo. Mi immagino così la partenza di un processo di reskilling, o di un progetto in cui siano fondamentali il confronto e l’integrazione, o l’inizio di una collaborazione a un tavolo di lavoro. Mi immagino conversazioni di questo genere, fogli bianchi per scrivere storie su cui costruire. Il World Economic Forum, nell’ultimo Future of Jobs Report, ha elencato le dieci competenze più richieste nel mondo lavorativo che verrà, a partire dal 2022. È una vision da leggere con cura, parola per parola. Senza dimenticare, allo stesso tempo, che queste competenze sono un enzima che deve integrarsi a un’analisi sempre più precisa di chi sono le persone che, nelle organizzazioni, devono evolvere in quella direzione. Altrimenti il rischio è la perdita di identità, o la creazione di una macro-identità condivisa, confusa, molto meno vibrante.  

“Da dove partono le persone, e dove vogliono arrivare?”
Una raccolta di mission personali che mitiga le resistenze, e che, se si indirizza e si innesta sulle competenze giuste, genera incontri non banali, produce diversità e sfumature, sfaccettature tanto diverse quanto lo possono essere i singoli individui. Solo così, il reskilling che viene continuamente richiesto a tutti noi oggi, pur partendo dagli stessi presupposti, sarà sempre un risultato da scoprire con curiosità, radicato su personalità sane, solide, riscoperte, e lo sviluppo sarà una evoluzione armonica, priva di rigetto. Svelare le biografie, e poi lavorare su competenze concrete e contemporanee. 

“Bye, stranger, I’ve collected your story”.

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