People Hyperself
Nelle dinamiche collaborative, l'Hyperself è la particella fondamentale, l'io consistente che si riprogramma e trasforma per partecipare ai processi in maniera ancora più efficace.
sintesi
Perché il processo collaborativo sia realmente efficace, è necessario che ciascuna persona che partecipa al processo stesso sia, nella sua specificità, consapevole del proprio ruolo (del proprio obiettivo e della propria posizione rispetto al sistema), sappia gestire il proprio talento, sfruttare le proprie skills, valorizzare la propria personalità e allenare il proprio carisma. Il Self, l’io, un ‘io’ consapevole, è la particella fondamentale che definisce la forza del processo stesso – le dinamiche collaborative, nel loro insieme, sono funzione del valore dei singoli. O meglio, se nella collaborazione è vero che 1+1=3, è allora anche vero che 5+5=15 e cioè, più è grande il valore di ogni singolo addendo/persona, maggiore sarà l’effetto delle sinergie collaborative. Definire il Self non è, però, impresa semplice. L’enciclopedia libera Wikipedia lo definisce come “il soggetto dell’esperienza personale” o anche, nella riflessione filosofica, come elemento centrale per “descrivere le qualità essenziali che costituiscono l’unicità di una persona”. Anche se facciamo fatica a pensare che si possa mettere in dubbio il Self in qualche sua forma, schiere di scienziati e filosofi si sono misurati con il problema della sua esistenza, dal ‘Cogito ergo sum’ cartesiano all’io trascendentale di Kant e Husserl, dai ‘limiti del mio linguaggio’ di Wittgenstein alla mappatura del genoma umano e alle moderne neuroscienze. Tre potrebbero essere i punti cardinali per un’approssimazione del Self (Jan Westerhoff What are you? – The Self: The one and only you, New Scientist #2905, 23 Febbraio 2013). Innanzitutto, l’idea che esso sia qualcosa immutabile e continuo e quindi che, nonostante tutti i cambiamenti che possiamo subire, c’è qualcosa che rimane invariato e rende il me di oggi la stessa persona che ero anni fa e che sarò in futuro. Secondo, il fatto che percepiamo noi stessi come il luogo dove tutto viene unificato, messo insieme; il mondo che ci circonda è costituito da una moltitudine di impulsi slegati tra di loro, nel Self questi impulsi diventano stimoli integrati e unificati. Da lì ne emerge il mondo. Terzo, l’idea che il Self computi, che sia il luogo da dove partano i pensieri e le azioni, il luogo dove la rappresentazione del mondo unificato viene usata per poter agire al suo interno. Queste rappresentazioni possiedono però un’inesorabile parzialità. La natura del Self sembra cioè restare imprendibile. È nell’universo aziendale che il Self ha bisogno acquisire la particella 'hyper'. Definito da Wikipedia come un “prefisso usato in matematica per denotare quattro o più dimensioni”, associato al Self, l’hyper descrive un io multidimensionale, caratterizzato da un numero superiore di identità professionali. L’Hyperself può essere visto come l’atomo della molecola ‘collaborazione’, come elemento base di una struttura complessa. Quest’unità è contraddistinta dalla capacità di ogni singolo Self di definire il proprio obiettivo, identificando ciò che può essere utile, e proattivamente e responsabilmente perseguendo l’obiettivo con l’umiltà e la consapevolezza di dover sempre accrescere le proprie competenze, aggiungendo, integrando e sostituendo. Parliamo, quindi, di automanutenzione. L’automanutenzione porta gli io a sviluppare nuove capacità mirate che coltivano l’unicità dell’individuo e, allo stesso tempo, lo rendono adattabile. Ogni io, prototipo di se stesso, è mutevole rispetto alla situazione in cui si trova essendo costituito da diversi ruoli; parliamo di Slashing.