Attivare conoscenze. L’apprendimento come rete di relazioni

People Attivare conoscenze. L’apprendimento come rete di relazioni

Come le connessioni, alla base di nuove forme di apprendimento, influenzano la conoscenza e la generazione di abilità

  • La conoscenza è diventata un sistema distribuito e connesso che va oltre l'individuo. Alla base di questo concetto c'è il networked learning
  • L'apprendimento quindi è il risultato di reagire in modo autonomo a un contesto in evoluzione
  • Il futuro? prima di imparare "cose", diventeremo più abili a interagire con una comunità in grado di condividere risorse

“Grande Trasformazione” è l’espressione con cui il report Labor 2030: The Collision of Demographics, Automation and Inequality, battezza la nostra epoca. Viverci significa probabilmente portare il fardello di avere volatilità e incertezza come costanti compagni di strada, ma vuol dire anche rimettere costantemente al centro della riflessione alcune domande fondamentali per trovare, magari, nuove risposte.

Se parliamo di skill, uno degli interrogativi che non possiamo fare a meno di porci, ancora una volta, è che cosa sia la conoscenza e, di conseguenza, cosa sia l’apprendimento.

Siamo davvero certi che, nell’era della Grande Trasformazione, l’approccio più appropriato al contesto continui a essere quello, fin qui dominante, che vede la conoscenza come un patrimonio strutturato di conoscenze, abilità e competenze proprie dell’individuo? Come disse qualche tempo fa Stephen Downes, un famoso pedagogista canadese, continuiamo a trattare conoscenza e apprendimento come se gli individui fossero chiamati a mettere in gioco le loro competenze esclusivamente da soli, in cima all’Everest, e muniti, al massimo, di carta e penna. In un mondo che non esitiamo a definire “sempre più connesso”, potrebbe invece risultare più vantaggioso provare a esplorare il concetto di conoscenza come sistema distribuito e connesso capace di andare oltre l’individuo.

Ripensiamo la conoscenza come un sistema distribuito e connesso capace di andare oltre l'individuo

Il networked learning è un approccio che prende le mosse da varie tradizioni di ricerca sviluppatesi nell’era digitale, tra cui il connettivismo, ma trova radici più profonde nelle riflessioni condotte fin dagli anni Ottanta da Gilles Deleuze e Félix Guattari sulla struttura non gerarchica della conoscenza. Il filosofo e lo psicoanalista francesi usano i termini rizoma e rizomatico per descrivere una teoria della conoscenza che consente punti di ingresso e uscita multipli, non gerarchici, nella rappresentazione e nell’interpretazione dei dati. In una prospettiva di totale eliminazione delle distinzioni rigide tra hard skill e soft skill, questa visione enfatizza il ruolo del contesto sociale e culturale in cui avviene l’apprendimento e la visione dell’apprendimento come creazione di “conoscenza attivabile” che non risiede necessariamente nel soggetto, ma nella rete costituita sia da individui che da oggetti (libri, database, siti web ecc.). Il principio di base è che la nostra capacità di attivare connessioni, che ci permette di accedere al sapere, è più importante del nostro individuale stato delle conoscenze. Questo non significa azzerare la rilevanza delle competenze disciplinari individuali ma, piuttosto, di non vederle come l’unico ed esclusivo obiettivo delle esperienze di apprendimento.

Contrariamente alle teorie dell’apprendimento gerarchiche, il networked learning postula che l’apprendimento sia più efficace quando ha come risultato la capacità dei destinatari di reagire autonomamente al contesto in evoluzione, facilitando una continua ridefinizione ed evoluzione di tutto il processo. Secondo questa visione, non è il docente a definire i risultati di apprendimento, ma “la comunità è il curriculum”. Gli obiettivi dunque non pre-esistono rispetto ai soggetti coinvolti, ma la loro identificazione e la loro costante riformulazione sono parte del processo di apprendimento. 

Questa visione ha trovato interessanti possibilità applicative in particolare con lo sviluppo della rete, del digital learning e del movimento dei Massive Online Open Courses (MOOC).

Il primo MOOC ispirato a questa metodologia è stato offerto nel 2008 ed era proprio dedicato a questo tema: Connectivism and Connective Knowledge. I suoi ideatori, Stephen Downes e George Siemens hanno creato questa esperienza didattica come un evento online più che come un vero e proprio corso, perché stimolava l’esplorazione personale e il confronto riguardo a un’agenda di partenza mano a mano integrabile e modificabile. 

Al di là di queste riflessioni e testimonianze, il tema chiave sta nel domandarci se disponiamo della capacità culturale per un cambiamento di prospettiva che appare tutt’altro che soft. Probabilmente, man mano che ci avventureremo nell’epoca della Grande Trasformazione, non potremo fare a meno di imparare rapidamente a strutturare le interazioni con la comunità e le risorse, a interagire con il flusso di informazioni generate all’interno di un determinato dominio, a gestire la selezione e l’archiviazione di informazioni per poi attivarle con la massima abilità e tempestività. E la differenza tra hard e soft skill diventerà subito il ricordo lontano di un’altra epoca. 

 

 

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