People La mente che si muove. Verso il cambiamento rilevante
Cosa ci muove verso un’azione dotata di senso? Nelle organizzazioni, quali forze ci muovono
in una nuova direzione? Tra pensiero scientifico e umanistico, un punto di vista sull’attitudine, come incontro continuo tra mente individuale e cultura aziendale
- La cultura aziendale è il catalizzatore di azioni che vanno nella giusta direzione, fatta di icontri positivi tra persone diverse
- La cultura, in azienda, è utile se accompagna verso l'acquisizione di qualcosa di rilevante
- Alla base di tutto c'è un circolo di fiducia che passa anche nel mostrarsi vulnerabili, nel mostrarsi anche quando "non funzioniamo", per capire insieme i perché
Prima delle skill troviamo l’attitudine che diventa, ogni volta, la condizione per lo sviluppo delle competenze rilevanti e il motore di scelte pertinenti.
Nell’impresa che si riconosce come sistema di individui (colleghi, clienti, manager, collaboratori…) più che come risultato di processi, la conversazione sull’essere umano si sposta da cosa le persone sanno fare al perché le persone fanno quello che fanno. Per poi trovare il modo di armonizzare quella ragione personale con la ragione dell’impresa. L’economia dell’esperienza diventa quindi anche economia dei comportamenti, che abbandona però la pretesa di poter plasmare un certo comportamento e abbraccia piuttosto il tentativo di capire cosa porta le persone a decidere di intraprendere un’azione diversa. Il campo d’indagine fa un passo all’interno. Seguire questo passo ci permette di essere motore e catalizzatore di azioni che vanno nella giusta direzione, che è poi quella che porta all’incontro positivo tra persone diverse, tra un’impresa e le persone che la abitano, tra un contesto e le persone che lo determinano e non sono disposte a subirlo.
Di fronte a noi le chiavi di comprensione dell’essere umano si moltiplicano con diverse lenti di ingrandimento. Dal macro, cioè l’indagine sul valore della cultura e il significato della fiducia, al micro, ovvero la ricerca neuroscientifica e l’osservazione empirica. E in mezzo una serie di ipotesi progettuali rivitalizzano il pensiero scientifico che abita in ciascuno di noi. Ma quando cerchiamo di coltivare e abilitare quell’attitudine che porta le persone ad agire in modo rilevante e pertinente, l’eureka non è mai un’evidenza valida per tutti. Perché, è ovvio, le persone sono diverse. C’è però un elemento che ritrovo sempre in chi cerca di darci una mano a comprendere l’essere umano. E cioè che la mente si muove continuamente lungo direzioni che è possibile riconoscere, intercettare e che si può imparare a sintonizzare. Ma a condizione che ciascuno lo faccia per sé stesso. In fondo sapevamo già da qualche migliaio di anni che l’uomo è l’essere in grado di autodeterminare il movimento della propria mente. E sapevamo anche che il movimento autentico e rilevante è quello che proviene dalla mente singola, che ci parla come nostro sé interiore.
e neuroscienze hanno individuato un sistema triadico decisivo nel cervello (tra la corteccia prefrontale, l’amigdala e il ventrial striatum), che governa il nostro movimento primario: “l’andare verso” qualcosa o “l’allontanarci da qualcosa”. La decisione “dell’andare verso” o “dell’allontanarsi” (e di cambiare direzione in corsa) spetta di diritto a ciascuno di noi. E difficilmente possiamo agire sulla decisione che gli altri prendono per sé stessi. Ma sulla costruzione del “qualcosa” possiamo fare molto e in questa costruzione sperare di generare e orientare il movimento. La più profonda ricerca sul concetto di mindset come abilitatore di competenze rilevanti parte da una semplice constatazione: perché rispetto alla situazione di dover andare verso qualcosa di nuovo e sconosciuto (una nuova competenza o una nuova conoscenza da acquisire, un nuovo comportamento o una nuova azione da agire) alcuni decidono di percorrere la strada e altri si tirano indietro? La domanda è cruciale perché se non posso sapere quale sarà la competenza rilevante nel contesto in cui mi troverò fra un giorno, un anno o cinque anni, devo almeno poter contare su due cose.
La prima è l’attitudine che mi porterà a cercare le competenze che saranno rilevanti: devo almeno poter contare su una mente che sa muoversi ed è disposta a cambiare direzione. La seconda è che devo imparare a costruire il qualcosa verso cui andare in modo che sia appetibile e motivante per me stesso. E una terza cosa più importante delle altre due: creare le condizioni per cui la mente non smetta di muoversi.
Posso partecipare e contribuire a una cultura che accompagna verso qualcosa di rilevante, solo se percepisco e genero fiducia verso quella cultura
Da qui mi pare che derivi l’importanza della cultura dell’impresa e della fiducia che l’impresa sa creare. Perché posso partecipare e contribuire a una cultura che spinge e accompagna verso l’acquisizione di qualcosa di rilevante (anche se non so bene ancora cosa) solo se percepisco e genero fiducia verso quella cultura. La cultura non è qualcosa di intangibile, tutt’altro: si rivela nelle azioni che le persone fanno. E di quella cultura rilevante se ne deve innanzitutto parlare, alimentarne il racconto, renderlo visibile, portarla sottomano. Uno dei caratteri specifici della cultura è quello dell’essere implicita perché agisce come il linguaggio silente di un processo evolutivo che plasma le azioni delle persone. Se però voglio poter contare sulla cultura come qualcosa di rilevante, allora devo imparare a parlarne a farne un racconto pertinente, cioè utile per chi è con me in una certa community.
E infine la fiducia, di cui ho compreso il significato quando ho capito che non potrò fidarmi di chi è infallibile ma solo di chi avrà la forza di dimostrarsi vulnerabile (cioè disposto a entrare in un dialogo costruttivo quando qualcosa non funziona) e, insieme, di essere benevolente cioè disposto a prendersi cura dell’altro. Perché qui non c’è in gioco il sapere o non sapere fare qualcosa, ma una persona.
Quindi, se non sappiamo quali sono le competenze di cui avremo bisogno, cerchiamo e coltiviamo l’attitudine di chi saprà mettersi alla ricerca per trovarle, contribuiamo al racconto della cultura che valorizza quella ricerca e generiamo la fiducia che spinge le persone a mettersi in gioco. Circondiamoci di progetti e di servizi che ci permettono di farlo.