Society Il supermercato dell'impossibile
Il supermercato dell'impossibile è aperto e disponibile in ogni angolo del globo. Grazie alla tecnologia possiamo fare di tutto e tutto ci appare normale. Ma ci sono dei rischi legati a queste abitudini, secono Daniele Cerra, Digital Innovation officer @ Logotel.
- Le azioni e le relazioni che un tempo erano relegate alla sfera narrativa della fantascienza, oggi fanno parte di una realtà quotidiana che non ci sorprende più, della cui eccezionalità nemmeno ci rendiamo conto.
- La continua e sempre accelerante ridefinizione dei parametri della quotidianità ci porta così a sviluppare modelli cognitivi più adatti al presente, diversi rispetto al recente passato, a interpretare e a relazionarci con la realtà e le persone che ci circondano in modo talmente dinamico da risultare talvolta “inaspettatamente inumano”.
- Nessuna intelligenza artificiale è da temere più della graduale e inconsapevole rinuncia all’intelligenza umana, e a nessuna stupefacente tecnologia deve essere permesso di distrarci così tanto dalla nostra umanità da renderci emotivamente apatici, razionalmente acritici.
Mi fa due etti di Azerbaigiano-Polacco, un sacchetto di apprendimento rapido e una manciata di predizioni del futuro? Il supermercato dell’impossibile è aperto a tutti.
Chi ha la fortuna di vivere nei paesi tecnologicamente avanzati si è ormai abituato a una nuova normalità socio-tecnologica: le azioni e le relazioni che un tempo erano relegate alla sfera narrativa della fantascienza, oggi fanno parte di una realtà quotidiana che non ci sorprende più, della cui eccezionalità nemmeno ci rendiamo conto. Chi, infatti, si stupisce di poter vedere in diretta quello che succede in casa nostra anche quando ci si trova dall’altre parte del mondo? Chi non dà per scontato l’affidarsi alle app di navigazione per non perdersi? Chi non supporta e socializza istantaneamente i propri ricordi memorizzandoli sotto forma di elementi multimediali (foto e video) ricercabili per parole chiave o nomi dei protagonisti?
Anche il sapiente mix di robotica e algoritmi intelligenti fa ormai parte del “banale quotidiano”: se un drone è un regalo di compleanno quasi obsoleto da fare alle nuove generazioni, non è più raro vedere businessman che schizzano tra le strade dei centri direzionali su monoruote elettrici degni di Ritorno al futuro, per non parlare di quanto siano “indispensabili” i robot pulisci-lava pavimento.
Non solo tutto ciò ci sembra tremendamente normale, ma ci siamo addirittura abituati all’accelerazione esponenziale con la quale si susseguono questi cambiamenti di portata antropologica (vedi l’articolo di weconomy sull’estinzione dell’homo sapiens) e all’impatto che hanno su di noi e sulla nostra società.
La continua e sempre accelerante ridefinizione dei parametri della quotidianità ci porta così a sviluppare modelli cognitivi più adatti al presente, diversi rispetto al recente passato, a interpretare e a relazionarci con la realtà e le persone che ci circondano in modo talmente dinamico da risultare talvolta “inaspettatamente inumano”.
In precedenza, a innescare le emozioni e incanalare i processi interpretativi razionali era quanto conoscevamo e rientrava nei nostri modelli di senso acquisiti (es. in autostrada vengo superato da un’automobile con il passeggero davanti a sinistra che guarda un film sul suo tablet, mi spavento, guardo la targa, vedo che è un veicolo britannico, tiro un sospiro di sollievo), adesso la decodifica di quanto ci accade è sempre più legata al mondo in cui rielaboriamo gli scenari tecnologicamente possibili, anche se non sappiamo spiegarceli (es. penso con una certa indifferenza che l’automobile che mi sorpassa sarà un veicolo che si guida da solo, non mi viene addosso, va bene così… andiamo avanti). Un po’ come se, passo dopo passo, ci alienassimo dalla realtà pensando di trovarci in un contesto fantascientifico del quale anche se non capiamo le leggi della fisica, beh, poco importa, tanto è così.
Oggi il supermercato dell’impossibile, dopo qualche anno di accessibilità per pochi eletti, è finalmente aperto a tutti, è quasi gratis, e lo sarà per sempre (citazione non casuale): poter comprendere una conversazione in cui un Azerbaigiano e un Polacco discutono ognuno nella propria lingua, è solo una questione di scaricare un’app gratuita; comprare ore di super-intelligenza artificiale per aumentare le possibilità di apprendere della nostra azienda senza assumere guru o consulenti, due clic on-line e qualche centinaia di euro; fare predizioni precisissime sui comportamenti dei clienti, realizzare chatbot per gestire assistenza in maniera impeccabile h24 a tutti i consumatori, monitorare in tempo reale comportamenti minacciosi di fronte a tutti gli ATM di un’intera nazione, è tutto in promozione nei reparti del pronto da consumare, ben evidente negli scaffali dei servizi di intelligenza artificiale “as a service” messi a disposizione dalle big tech company come Amazon, Google, IBM. E nessuno certo si stupirà se nel prossimo volantino promozionale si troverà un robot antropomorfo guardia del corpo, un check up medico completo con un dottore artificiale, un pacchetto di lezioni di canto tenuto da un vocal coach virtuale, una stampante per cibi compatibili con il nostro DNA.
Nessuna intelligenza artificiale è da temere più della graduale e inconsapevole rinuncia all’intelligenza umana
In questo sempre meno incredibile e abbagliante supermercato si nasconde però un rischio molto meno visibile, ma probabilmente di maggior impatto, rispetto alla controversa perdita di posti di lavoro “così come li concepiamo oggi” dovuta all’avvento di robot e Intelligenza artificiale: si tratta dell’abituarsi, o meglio assuefarsi, a ciò che dovrebbe invece stupirci e sconvolgerci stimolando - e non atrofizzando - il nostro desiderio di comprendere, farsi domande, porci con atteggiamento critico e consapevole rispetto alla realtà che ci circonda e di rimanere padroni delle nostre scelte. Il giorno che smetteremo di spaventarci quando sul nostro telefonino compare la pubblicità del regalo di compleanno che vorremmo ricevere dai nostri amici e di chiederci “perché questi servizi sono gratis?”, in quel momento non solo avremo rinunciato a un aspetto fondamentale della nostra umanità come la riservatezza dei nostri pensieri, ma avremo concesso a una macchina molto, molto intelligente il diritto indicarci le scelte giuste per noi, limitando le opzioni a quelle ritenute utili da chi governa quell’intelligenza e di prendere da noi il valore che vuole, senza che ce ne accorgiamo.
Nessuna intelligenza artificiale è da temere più della graduale e inconsapevole rinuncia all’intelligenza umana, e a nessuna stupefacente tecnologia deve essere permesso di distrarci così tanto dalla nostra umanità da renderci emotivamente apatici, razionalmente acritici.