Il futuro dell'umanità

Society Il futuro dell'umanità

Cosa si intende per relazione tecno-intima? E che società sarebbe una nella quale gli umani possono potenziare le proprie capacità in base al loro benessere economico?

  • A cambiare sarà il nostro modo di interagire con il mondo e con le macchine del futuro: gli umani rimarranno tali, sarà la loro relazione con gli oggetti ad essere più profonda, una sorta di intimità tecnologica
  • Più si va avanti più potenziamenti tecnologici diventano disponibili. Si deve però iniziare a riflettere su un’adozione consapevole delle tecnologie che offra la possibilità a tutti di entrare in contatto con questi “potenziamenti”.
  • Sul versante dell'automazione dei lavori si potrebbero verificare dei fenomeni di “distruzione creativa”: si distruggono posti di lavoro, ma ne vengono creati altri, più nuovi, più innovativi, più utili, frutto dello sviluppo delle nuove tecnologie.

I futuristi tendono ad esagerare, sovrastimando il cambiamento a cui andremo incontro. Molto probabilmente non ci sarà nessuna nuova specie, nessuno scenario post-umano distruttivo, nessun tipo di accelerazione evolutiva da film di fantascienza. Ciò che possiamo invece dire, anzi predire, con certezza è che a cambiare sarà il nostro modo di interagire con il mondo e con le macchine del futuro: gli umani rimarranno tali, sarà la loro relazione con gli oggetti ad essere più profonda, una sorta di intimità tecnologica.

Uso il termine intimità tecnologica per definire tutti quei tipi di rapporti che, attraverso connessioni, integrazioni e implementazioni, aiuteranno l’uomo a potenziare attività e capacità, lavorative e personali. Certo non parlo di nuove specie di cyborg composti da menti umane e corpi tecnologici. L’idea che la mente umana possa essere estratta e scaricata in strutture digitali ignora il fatto che non sappiamo esattamente di cosa sia fatta la mente stessa e dove essa si trovi all'interno del corpo. 

Va però detto che implementazioni elettroniche a livello cerebrale non sono troppo lontane dall’essere realtà. Alcuni ricercatori sono già stati in grado di impiantare tecnologicamente ricordi nel cervello di alcuni ratti. Questi tipi di procedure potrebbero portare grossi benefici anche agli esseri umani, pensiamo ad esempio alla possibilità di ‘reinstallare’ digitalmente la memoria di pazienti malati di Alzheimer. Le sfumature distopiche ad uno scenario di questo genere non sono però difficili da immaginare: se invece di utilizzare ricordi veri si impiantassero ricordi falsi? Se ci ricordassimo di eventi mai capitati o avessimo i nostri principi e le nostre convinzioni manipolate da qualcuno di esterno? L’esperimento è ad oggi solo concettuale, ma non è necessariamente così distante dalla sua possibile realizzazione. 

Ci addentriamo sempre più in relazioni tecnologicamente intime con strumenti digitali senza i quali diventiamo incapaci di fare il nostro lavoro. 

Sul versante lavoro la collaborazione con macchine in grado di interagire con i dipendenti per cooperare fianco a fianco è una dinamica che fa già parte della nostra realtà. Non a caso in questo momento è molto in voga parlare di cobot, robot sviluppati per interagire fisicamente con umani in uno spazio di lavoro condiviso. Ci addentriamo sempre più in relazioni tecnologicamente intime con strumenti digitali senza i quali diventiamo incapaci di fare il nostro lavoro. 

Ma lo sviluppo di questa intimità tecnologica di cui parliamo potrebbe avere risvolti sociali molto ampi, cupi e probabili. Si pensi ad esempio alla nascita di una nuova leadership, composta da un élite privilegiata di individui che, grazie al suo alto potere d’acquisto, sarà in grado di estendere le proprie capacità fisiche e mentali a piacimento. Che società sarebbe una società nella quale solo le persone che possono permetterselo hanno la possibilità di apprendere tutto ciò che vogliono alla velocità di un download? Che tipo di società sarebbe una società in cui i ricchi diventano più potenti, facendo aumentare il divario fra chi ha molto e chi non ha niente? I prodromi di uno scenario di questo tipo sono già evidenti. È questo il vero problema: si deve iniziare a riflettere su un’adozione consapevole delle tecnologie che offra la possibilità a tutti di entrare in contatto con questi “potenziamenti”. E se l’eventualità più dark dovesse realizzarsi, come sarebbe il lavoro di chi non può implementare le proprie caratteristiche biologiche con elementi artificiali?

Il tema dell’automazione e del sopravvento delle macchine sul lavoro dell’uomo sta generando sempre più timori. Ma se osserviamo le condizioni economiche a cavallo fra il XIX e il XX secolo, troveremmo una replica quasi esatta dell’epoca contemporanea, con l'esplosione di nuove tecnologie e la nascita di nuovi tipi di industrie che inizialmente portarono alla perdita di molti posti di lavoro. Venticinque anni dopo, quando le persone si inventarono nuove attività ed ebbero nuove idee per sfruttare il potenziale industriale, si vennero a creare nuovi posti di lavoro per quelle stesse persone. Questo concetto si chiama “distruzione creativa”: si distruggono posti di lavoro, ma ne vengono creati altri, più nuovi, più innovativi, più utili, frutto dello sviluppo delle nuove tecnologie.

Ed è proprio questo quello su cui dovremmo concentrarci. Oggi non siamo in grado neanche di immaginare i tipi di lavoro che potrebbero esserci tra 20-25 anni. Del resto, 25 anni fa saremmo riusciti ad immaginarci l’esistenza dei SEO Specialist, dei blogger, dei drone operator, dei digital undertaker? Cosa ci aspetta quindi tra 25 anni? Quello che è sicuro è che l’uomo non sarà obsoleto, avrà solo bisogno di reinventarsi, come ha sempre fatto, forse cercando, questa volta, di collaborare un po’ più intimamente con i colleghi robotici e robotizzati.