Forza culturale e umiltà

Society Forza culturale e umiltà

Un'intervista allo psichiatra Paolo Crepet sugli ingredienti della collaborazione o, meglio, della colla(v)orazione.

sintesi

Quali sono cronologie, qualità, visioni, esperienze delle diverse generazioni? Principalmente quello tra le generazioni è un rapporto di competizione. Anche e specialmente sul lavoro, oggi più che mai. Non più una competizione per il potere ma economica, di capacità di acquisto. Mio padre lavorando onestamente e duramente è riuscito a comprare due case, mia figlia facendo lo stesso potrebbe arrivare a comprarsi mezzo garage. Al di là della crescita dei prezzi del mercato immobiliare, resta l’estrema differenza economica che questa nuova generazione è costretta a vivere. Si fa un gran parlare di start up, ma senza le garanzie del padre o del nonno, un giovane in banca non ottiene credito. Questo è un nodo forse irrisolvibile. La collaborazione tra generazioni al lavoro dipende dalle situazioni umane e dai settori. In agricoltura o nel food c’è tanta collaborazione intergenerazionale. Lo stesso nel fashion, dove i patron selezionano designer giovanissimi. Purtroppo non è e non può essere così nel settore pubblico, a causa di burocrazia e blocco del turn over. Nella moda dal giovane si cerca innovazione. Nella scuola, dal nuovo inserito si pretende conservazione. E la scuola invecchia più che mai. Abbiamo tanti giovani sindaci, ma non infondono la loro giovinezza nell’incarico, perché le regole e i paletti lo impediscono. Tornando invece al divario economico: sono cambiati i valori e di conseguenza i comportamenti. Oggi si acquistano telefoni da 900 euro (1milione e 800mila lire), l’equivalente di quello che era uno stipendio alto. Attenzione: è un’osservazione, un dato di cronaca, non un giudizio. Oggi ci sono telefonino, vacanza, pizzeria, outlet. La generazione precedente non ci pensava. Perché non pensava a queste cose. Non serviva un Black Friday per comparare una giacca, se ti serviva una giacca risparmiavi e quando potevi la prendevi. Oggi nel venerdì nero si compra la terza, quarta giacca. Di nuovo, non è un giudizio: è la vita che è cambiata. Basta guardare le persone che affrontano il mare per arrivare in Italia: non hanno niente, ma hanno un telefonino, uno strumento oggi fondamentale. Quali sono le novità che le nuove generazioni stanno portando all’interno e all’esterno dell’Azienda? Si può mettere a frutto il nuovo mix generazionale per creare nuovi stili di lavoro? Credo che gli scambi positivi siano maggiori delle situazioni negative. Ma il cambiamento è culturale. Una volta studiavi e poi facevi il lavoro per cui ti eri preparato. Oggi salti da una non-situazione lavorativa a un’altra. Chi entrava garzone nella bottega del falegname, poi faceva il falegname per 50 anni, e per tutti era il falegname. Il lavoro costituiva un’identità suppletiva, reale, riconoscibile. Oggi, che in 50 anni, se ti va bene, cambi solo 6/7 occupazioni, alcune delle quali improbabili, non ricavi una collezione di identità, non ricavi nulla. E per costruire un tuo essere, devi cercare in altri ambiti. Ecco un altro motivo del ricorso alle piattaforme digitali: la necessità di darsi un’identità. Però è sbagliato pensare che la generazione dei giovani sia più lontana dalla generazione precedente di quanto quella precedente lo fosse dai propri genitori. Non è la rivoluzione digitale (che come vera rivoluzione ha cambiato il mondo) ad aver realmente cambiato l’intergenerazionalità in Italia. Da noi il vero cambiamento c’è stato con il passaggio dalla generazione degli affamati a quella dei satolli. È quindi un passaggio, traumatico in un certo senso, precedente a oggi. Dalla mancanza al surplus: quel cambiamento lo stiamo scontando ancora oggi. Per questo la riflessione sulle diverse generazioni al lavoro non si può fare in generale. Servono forza culturale e umiltà perché la coesistenza e la collaVorazione (collaborare a lavorare insieme) generino risultati positivi. Per fortuna, forse, l’Italia è ricca di piccole aziende in cui si può sperare che questo microclima si realizzi. Senza per questo entrare nel delicato pensiero del ricambio generazionale imprenditoriale.