Pieni di sé

People Pieni di sé

Come progettare la sostenibilità del Self. Un'introduzione al quaderno numero 10.

sintesi

Per aiutarmi a “vedere” i progetti ho spesso la necessità di visualizzare le parti del sistema in mappe. Nell’ultimo periodo mi sono sorpresa a visualizzare lo scambio tra persone non più come semplici “nodi” di una rete lineare definita, ma come soggetti in sovrapposizione che sono mutevoli e si influenzano a più livelli. Mi sono sorpresa a visualizzare l’insieme di un noi come l’insieme di persone che hanno più ruoli nella partita del progetto per essere sempre più in risonanza con gli altri. Avete in mente la tecnica del collage? Il mash-up, mix di stili, linguaggi e supporti diversi, è una delle forme estetiche che esprime una delle dimensioni del nostro vivere contemporaneo. “Figure” multiverso capaci cioè di adattarsi a cambiamenti continui che il contesto ci richiede. Infatti nella realtà personale e aziendale di tutti i giorni tutto è diventato più provvisorio, per favorire l’adattamento a esigenze improvvise. Anziché essere immobile, la struttura delle imprese si riconfigura di continuo sulla base dei progetti in corso, che diventano l’unità costitutiva dell’organizzazione interna. La riconfigurazione continua richiede a me e te, a noi come persone, di ri-configurarci, di essere dei prototipi, di imparare a imparare più velocemente sensibilità, conoscenze, competenze, di “incollare sulla nostra figura” abilità e mestieri diversi per collaborare meglio. Esperienze che a loro volta muteranno l’organizzazione nel tempo. La collaborazione ci permette non solo di scambiare ma anche di completarci. L’esperienza di gestione di progetti ci porta a “vedere” come i progetti migliori avvengono quando a scambiare e a collaborare sono persone con “io” consistenti. Noi come “io” ci stiamo ri-disegnando, ma quanto ne abbiamo consapevolezza? Ciascuno di noi è un “nodo” della rete, perché è in noi stessi che passato e futuro, destra e sinistra, alto e basso, indietro e davanti si allacciano, si connettono. È sempre stato così, ma possiamo non esserne consapevoli. E allora non possiamo che finire a giocare il ruolo di semplici fili, tramiti, connettori di eventi che accadono sempre altrove da noi. P.O.P. ‘Punto di presenza’ non vuole indicare una semplice constatazione: il semplice fatto che ‘io’ o ‘noi’ ci siamo. Che sono qui e che sono proprio io. ‘Punto di presenza’ indica, invece, innanzitutto, l’urgenza di ridestarsi come ‘sé’, di riprendere coscienza di sé come ‘prime persone’. Come soggetti che hanno coscienza del cambiamento che devono fare, di quali competenze, mestieri e sensibilità devono allenare, che fanno accadere parole, eventi, trame e per questo possono collaborare. Protagonisti di una collaborazione diversa, appunto consapevole. Non come semplici tramiti o cavi di rete, ma una collaborazione agita, decisa da sé, giudicata, che solo per questo può rinnovarsi, adattarsi, interrompersi per assumere nuove forme e direzioni. D’altra parte questo è quello che accade ogni volta che con le parole che usiamo, con le azioni che generiamo, andiamo a caccia di qualcosa (o di qualcuno) per noi stessi. Per nutrirci, crescere e assumere una maggiore consistenza e, appunto, presenza. Ma la prima presenza da recuperare è quella a noi stessi. Un SÉ che diventa nel tempo multiverso. Abbiamo capito che collaborare è un atto di egosimo per soppravvivere, tanto che è diventata molto più diffusa e popolare (POP). La collaborazione di qualità avviene quando c’è qualcosa da scambiare, quando i diversi me o i diversi SÉ sono…pieni di SÉ! Parliamo quindi di SÉ, di SELF, di quell’insieme di qualità essenziali che costituiscono l’unicità di una Persona. Quante volte vediamo i risultati della collaborazione concreti e sorprendenti quando le persone hanno un SÉ consistente e partecipano con generosità attivando lo scambio? Marco Bersanelli ci spiega come in ambienti in cui la complessita è elevatissima, le persone devono sentire l’altro come un bene. E il ruolo più difficile del leader, o capo come vogliamo definirlo, è quello di riconoscere il SÉ delle persone per saper valorizzare il singolo e creare empatia con lo scopo che si deve raggiungere. Un SÉ che, nel corso della nostra vita, siamo chiamati ad automanutenere come persone, come ci raccontano Maria Grazia Gasparoni e Sandra Corradi, aggiungendo, integrando e sostituendo le nostre competenze e allenandoci a nuove dimensioni, nuove identità personali e professionali (slashing). Un SÉ che cresce nella relazione continua con l’altro. L’‘io’, come descrive Matteo Amori, che continua a sussistere, evolvere e a generare, è l’io soggetto che è il principio vitale di ogni connessione, collaborazione e comunità: è un io-in-relazione. Il nostro SÉ diventa allora Self potenziato, un HYPERSELF. Oggi riflettiamo sulla relazione tra Persona e Persona, ma cosa succederà al nostro Self quando sempre più collaboreremo con oggetti e intelligenze artificiali? La domanda che Sir Ken Robinson, educatore e autore della TED Talk ad oggi più vista, alza è come ingaggiare le persone e quale sistema educativo adottare per far fronte ai cambiamenti in atto da affiancare all’automanutenzione. La maggior parte degli investimenti in formazione aziendale è, tuttora, di solito dedicata e limitata ai contenuti e alle competenze, come ci ricorda Giuliano Favini. In molte aziende è avviato un processo di trasformazione culturale che necessariamente deve puntare anche a modificare molte convinzioni storiche, lavorando più sui comportamenti che sulle competenze. Alfonso Molina sottolinea che la formazione del SÉ è un viaggio che coinvolge tutta la nostra vita; è mentre camminiamo che costruiamo il nostro cammino, ed è dunque nel momento del viaggio che ci confrontiamo con altre persone e impariamo a collaborare con l’ecosistema circostante, scoprendo gli aspetti che veramente ci interessano e che faranno parte del nostro SÉ. E se è nel viaggio che ci confrontiamo con altri SÉ facendo incontri, Sara Bongini ci porta a riflettere su come le nuove tecnologie influenzino i nostri modelli di “incontro”, appunto, e a tendere di apprendimento continuo per costruire occasioni e ambienti che accompagnino le persone. Se il SÉ si nutre dell’altro e dell’esperienza che ogni giorno facciamo, è anche vero che ne prendiamo consapevolezza nel momento in cui, come ci spiega Antonio Russo, proviamo a trovare l’equilibrio per far collaborare la nostra moltitudine di self. La consapevolezza è anche formare un intero. Ecco perché il concetto di INTEGRATED SELF. In questo senso l’io integrato è l’io che avendo coscienza degli altri self opera in maniera indipendente ma coordinata, producendo dinamiche di collaborazione spontanea verso una dimensione unica. I confini tra mondo privato e professionale, tra identità digitale e fisica, si fondono in un'unica entità. Le specificità di ogni singolo Self entrano in risonanza con quelle degli io adiacenti e generano un risultato sinergico e non conflittuale che misuriamo con il benessere. E tutto questo lo proiettiamo in un futuro dove Thomas Bialas ci provoca e ci chiede se saremo capaci realmente di collaborare in sistemi dove i confini e i perimetri si assottiglieranno sempre di più. In un mondo in cui la nuova generazione che costruisce la propria identità sarà più svincolata da parametri come età, sesso, ruolo, reddito, status, appartenenza geografica e genere. Dove la collaborazione non sarà solo tra Persone ma anche con intelligenze artificiali. Il risultato è che avremo a che fare con SÉ con un’ibridazione dei comportamenti ancora più marcata. Tema difficile sul quale riflettere che lanciamo in questo 10° quaderno di Making Weconomy sotto la lettera P del nuovo alfabeto dell’economia collaborativa. Tema che ci vede tutti coinvolti, sia come Persone che hanno un SÉ (Hyper e Integrated) da nutrire e automanutenere prendendoci degli appuntamenti con noi stessi per prendere consapevolezza del nostro P.O.P. (Point of Presence) e come Persone che supportano e guidano altre persone per aiutarle a “ridestarsi”, a prendere consapevolezza del proprio SÉ, della propria presenza nel progetto, impresa. Nel frullatore in cui viviamo, molti modelli e pratiche del nostro fare di oggi vanno ripensati e ridisegnati. Le Persone sono e saranno sempre di più quello che fa e farà la differenza. É urgente credere che la sopravvivenza futura, la così chiamata sostenibilità, sia in larga parte dovuta alla consapevolezza delle Persone. Il tema è vasto e tutt’altro che risolto. Buona Lettura