Personal Mastery

People Personal Mastery

Ripartire dalla disciplina per migliorare l'auto-organizzazione.

sintesi

In “The Fifth Discipline”, testo fondativo del pensiero sistemico di Peter Senge, si affronta il tema dell’apprendimento organizzativo attraverso cinque discipline: nell’ordine, personal mastery, modelli mentali, visione condivisa, team learning e – a integrazione di queste quattro – appunto, il pensiero sistemico. La prima disciplina rappresenta l’unità, l’atomo indivisibile, di ogni organizzazione: la capacità della singola persona di essere “centrata”, sicura e a fuoco su se stessa. In nessun modello quanto in quello dell’auto-organizzazione è fondamentale lavorare su questo primo livello, prima di poter dispiegare con efficacia le discipline superiori che vedono le persone aggregarsi in team di lavoro o in macroorganismi aziendali. Come pensare, infatti, di poter ricorrere alle forme di intelligenza collettiva su cui si basa l’auto-organizzazione se le singole intelligenze non sono forti e propositive nel farsi (in senso buono) “gli affari degli altri”? Questo concetto, d’altronde, stava già scritto a chiare lettere anche su “Weconomy”: “+ ME = + WE” è una delle equazioni fondanti di ogni pratica collaborativa. Ovvero, quanto più è forte la personal mastery del singolo ME, tanto più significativo sarà il suo contributo alla dimensione collettiva del WE. A maggior ragione in un ambiente privo di controllo centralizzato (e, pertanto, anche di “alibi” dietro i quali nascondersi) come quello autoorganizzato. È la persona, dunque, la vera “A” dell’Auto-organizzazione, il suo punto di partenza. Ma come, dove e soprattutto perché ricorrere all’auto-organizzazione in impresa? Sappiamo quanto essa funzioni in natura (negli “smart swarms” di uccelli e insetti sociali) o sui grandi numeri del web (nello sviluppo di Wikipedia) ma possiamo davvero re-immaginare le nostre aziende imparando dalle api? Chi se lo può permettere? Difficile pensare di ribaltare o, meglio, di “appiattire” da un giorno all’altro un modello organizzativo che, nel 99% dei casi, è tradizionalmente gerarchico; più praticabile è invece la via di creare nicchie di sperimentazione su singoli progetti in cui una selezione di persone – previo training alla personal mastery – possa avere la delega ad elaborare senza vincoli soluzioni rapide a problemi complessi. Con tanto di “licenza di sbagliare”. La buona notizia è proprio che questa personal mastery – questa auto-disciplina – non è una dotazione genetica o caratteriale che “si ha o non si ha”, quanto un insieme di abilità che è possibile sviluppare e allenare nelle persone. In concreto - capacità di chiarire e approfondire di continuo visione e valori personali (“dove sono e dove voglio andare”) - sicurezza di sé, intesa come consapevolezza, anche emotiva, del proprio talento e dei propri limiti - accountability (forte senso di responsabilità e commitment) - certezza che le proprie convinzioni sono solo uno dei punti di vista possibili e, quindi, non verità assolute ma strumenti interpretativi (“io non sono le convinzioni che ho”) - apertura nell’esprimere, con assertività e rispetto degli altri, il proprio consenso/dissenso - generosità nell’ascoltare e nel fare domande non per “estorcere” informazioni ma per stimolare e condividere una riflessione. Per un’impresa, insomma, investire sullo sviluppo della personal mastery è il primo tassello per sfruttare il potenziale dell’auto-organizzazione. Il punto non è decidere “se” ripartire dalla prima disciplina, ma “quando” farlo.