Economy Local FAQs. Dialogo sul territorio e le sue “dimensioni”
Quali sono le tre dimensioni attraverso cui si anima il territorio? E cosa intendiamo quando parliamo di local? Che fine ha fatto invece la globalizzazione? Tutte le risposte (ma anche le domande) in questo dialogo sul territorio.
sintesi
Cos’è il local e quali sono le 3 dimensioni in cui si anima il territorio? Ecco un dialogo con tanto di domanda e risposta che le analizza partendo dal global (ricordate quanto se n’è parlato in passato?) per arrivare ai “giorni nostri”. Lo trovate anche sul nostro Quaderno #6
Domanda. Local? Ma la globalizzazione?
Risposta: “Fino a qualche anno fa il termine ‘globalizzazione’ era sulla bocca ditutti e i giornali sembrava facessero a gara per avere almeno un articolo a settimana che ne parlasse. Adesso è diverso. Adesso i piccoli business sembrano attrarre di più rispetto alle grandi imprese. Le misure non contano e vince la qualità rispetto alla quantità”.
D. Ma scusa, le multinazionali non fanno comunque più soldi?
R. “È vero, le multinazionali hanno comunque profitti astronomici rispetto ai business locali. Le grandi corporations, che tanto hanno costruito sulla globalizzazione, non appartengono, però, più a un territorio specifico ma devono fare i conti con le specificità dei singoli territori. Essere piccoli ed essere locali significa, quindi, essere parte integrante di una comunità, e lavorare per il proprio successo equivale a contribuire allo sviluppo della comunità stessa con dinamiche circolari. È per questo che adesso i Clienti si affidano sempre di più a chi sentono vicino, a chi identificano come parte del loro gruppo”.
D. Il ‘grande bene’prima deiprofitti…
R.” Sì e no. Il discorso è ovviamente più complesso. È chiaro che un businessper essere sostenibile deve produrre dei profitti, altrimenti non siparla più di business ma di associazione no profit. Il sistema nel quale le imprese locali si inseriscono è, come abbiamo già detto, caratterizzatoda dinamiche circolari che favoriscono la dimensione di scambio ecollaborazione”.
D. Ma si parla solo di business quindi?
R. “Assolutamente no. Il sistema ciclico del quale stiamo parlando è costituito da tanti attori, i business locali sono solo uno di questi. Alcuni li abbiamo già citati. La comunità, per esempio, che beneficia di un mercato del lavoro più forte ma che alimenta anche le imprese locali economicamente e culturalmente con il suo bagaglio di know-how e skills. Le istituzioni locali giocano anch’esse un ruolo fondamentale nel successo di questo ecosistema, facilitando le dinamiche di scambio, organizzazione e realizzazione delle diverse attività”.
D. Quindi il local è qualcosa di complicato…
R. “Diciamo che esistono diverse dimensioni di locale. In questo quaderno parliamo di tre diverse facce del poliedro Local: Talent, Community e Making.
D. Andiamo con ordine. Hai detto Talent? Non stiamo parlando di X-Factor, vero?
R. “Ovviamente no… Anche se pensare ad X-Factor non è necessariamente così sbagliato. Così come un talent show è un programma per coltivare e valorizzare il talento di determinate persone, la nostra sezione Talent si occupa di esplorare quella dimensione del Local che, grazie a organizzazion ie compagnie, si propone di scoprire, mettere in contatto e incubare eccellenze specifiche di un determinato posto, esaltandone l’identità.Il sapere di un luogo organizzato al meglio.
D. La seconda era Community?
R. “Sì! Come dicevi prima, il paesaggio del locale è complicato, fatto di tante entità e tante persone. Sono quindi necessarie delle infrastrutture che aiutino lo scambio tra agenti e lo sviluppo delle diverse iniziative. Queste infrastrutture più o meno tecnologiche sono gestite da compagnie, associazioni e istituzioni con lo scopo di abilitare le persone locali alla organizzazione e alla crescita del proprio ecosistema. Creare, gestire ed espandere la community è fondamentale per creare un’identità locale”.
D. Quindi abilitiamo le persone e diamo spazio al sapere di un luogo. E il Making cosa fa?
R. “Il Making di per sé non fa nulla. Il Making è fare e saper fare. Un intreccio di nuove tecnologie, vecchi saperi e rinnovato spirito imprenditoriale hanno rianimato luoghi che, attraverso piccoli business, definiscono e ridefiniscono la loro identità. Il ‘made in’ sta tornando di moda ma sempre più zoomed-in. I vestiti, i cibi e perfino le tecnologie non sono più caratteristici di un paese specifico, ma sono prodotti in un determinato quartiere con le materie prime del quartiere stesso e vendute alle persone del luogo (e non solo).
Torniamo quindi ai piccoli business dell’inizio”.