UFO. Unidentified Future Organizations ESA: i nuovi astronauti, tra lavoro distribuito e tutela delle diversità
Uno sguardo all’Agenzia Spaziale Europea dal punto di vista delle Risorse Umane. E a come affronta temi come l’onboarding e la diversity & inclusion.
Quanto è importante l’onboarding delle persone per l’European Space Agency?
L’onboarding è particolarmente importante per velocizzare la familiarizzazione con il nostro ambiente e con le nostre modalità di lavoro, che sono molto diversi dalle organizzazioni di natura industriale. Poiché molti dei nostri dipendenti provengono da altre nazioni, è importante che il principio dell’onboarding sia un processo senza fine, che duri per l’intera carriera delle nostre persone.
In che modo sta cambiando il vostro modo di lavorare?
L’ESA ha sempre lavorato in modalità ibrida. Abbiamo sedi in tutta Europa e molti dei nostri line manager gestiscono team diffusi in diversi luoghi. Inoltre il nostro staff è sempre in contatto con l’industria aerospaziale che, a sua volta, ha sedi anche fuori dal continente. Prima della pandemia, i meeting fisici richiedevano molte ore di viaggio, mentre oggi i nostri incontri ibridi sono gestiti attraverso videoconferenze. Per gestirle, le persone devono spostarsi in aree attrezzate, che si trovano in un numero limitato di nostre sedi.
La pandemia ha portato con sé una maggiore flessibilità e ha ridotto i costi, e questo ha riguardato tutti. Oggi non abbiamo bisogno di usare le attrezzatture ibride per tutti i meeting che organizziamo. Inoltre, poiché le persone non hanno più bisogno di spostarsi, possiamo fissare riunioni anche con poco preavviso. In ogni caso, una parte del nostro lavoro con l’industria aerospaziale deve continuare a essere gestito faccia a faccia. E sarà sempre così.
Dai meeting ibridi abbiamo imparato una lezione importante: tutti i partecipanti devono essere in grado di contribuire, sia che siano fisicamente presenti, sia che siano collegati da remoto. Ciò è ancora più importante se c’è una maggioranza di persone collegate nello stesso spazio. Penso che questa sia una delle sfide più importanti per tutte le organizzazioni, soprattutto quando le riunioni riguardano temi delicati o riservati.
Lavorare all’ESA può essere molto impegnativo. In che modo affrontate i momenti di stress?
I luoghi di lavoro virtuali aggiungono un’altra responsabilità per i line manager, che devono imparare a osservare anche i primi segnali di burnout. È un aspetto che affrontiamo con la formazione, ma anche incoraggiando i manager ad avere più interazioni possibile con i team, per esempio organizzando pause caffè (virtuali e non), pranzi e meeting dedicati. Perché più i manager conosceranno le persone con cui lavorano, tanto più saranno capaci di accorgersi di quei cambiamenti comportamentali che possono essere associati ai primi segnali di burnout.
Tanto più i manager conoscono i propri collaboratori tanto più possono anticipare l’insorgere del burnout
Cosa significa per voi diversity & inclusion? Cosa le rende concrete?
La diversity e l’inclusion sono parte del nostro DNA. All’European Space Agency collaborano ogni giorno persone provenienti da 24 Paesi. Avviene così da sempre, fin dalla nostra fondazione, nel 1975. Possiamo dire che, da questo punto di vista, nulla sia cambiato. Continuiamo a far ciò che ci riesce bene e adesso abbiamo l’opportunità di espandere ancora la nostra idea di diversity e di dargli più visibilità, per esempio, assumendo astronauti con disabilità.
Le nostre lingue ufficiali sono l’inglese e il francese e ognuno di noi deve essere in grado di padroneggiarle entrambe. Eppure, negli scorsi anni abbiamo notato una preponderanza dell’inglese. Così l’abbiamo resa la lingua principale ovunque, tranne nel nostro quartier generale a Parigi. Oggi non ci capita quasi mai di incontrare candidati che non sappiano parlare inglese.
Nel processo di assunzione, ovviamente, le competenze tecniche vengono prima di tutto. Se un candidato non le possiede, il processo di reclutamento si ferma. In ogni caso, le competenze comportamentali sono altrettanto importanti, anche se queste vengono approfondite in un secondo momento.
Può capitare, per esempio, che una persona tecnicamente competente non venga assunta perché non rispetta i nostri standard di comportamento. Abbiamo un modello per approfondire le competenze comportamentali che si applica a tutte le posizioni. I candidati, quindi, sono valutati su sei cluster principali: orientamento al risultato, efficienza operativa, propensione alla collaborazione, gestione delle relazioni, miglioramento continuo e lungimiranza. Durante i colloqui osserviamo anche le skill comunicative, che emergono in base a come i candidati presentano se stessi.