Hacker della formazione contro sabotatori di esperienze

People Hacker della formazione contro sabotatori di esperienze

Pensare in maniera diversa, far incrociare conoscenze, oggi è una necessità. Non comprendere il contesto, immaginare risposte senza confrontarsi, è sabotaggio

  • La formazione, oggi è soprattutto, creare team ibridi e permettere alle persone di innamorarsi dei progetti
  • Il rischio maggiore è "virtualizzare": progettare o insegnare qualcosa senza conoscere le persone

 

Tutto ha una scadenza. Scade il latte, scade la garanzia e scade anche la registrazione di un marchio. Ogni giorno scadono conoscenze, ogni giorno scadono competenze. La velocità che regola o sregola il contesto ci mette in crisi quando dobbiamo pensare a come rigenerare e rinnovare il “saper fare” delle persone. Nell’attività Logotel entriamo quotidianamente in contatto con situazioni in cui le imprese si stanno cimentando nel fare cose nuove per la prima volta, nel trasformare se stesse, nel reinventarsi per entrare in nuovi mercati. Spesso si ricorre alla consulenza per acquisire temporaneamente le competenze necessarie e si fa recruiting di esperti in materie di cui si parla da meno di 24 mesi. Funziona? “…Medio…”, direbbe mio figlio.

L'impresa diventa un banditore di progetti cui le  persone si possono agganciare per accelerare il proprio sviluppo

È un’epoca di sperimentazione continua e le ricette scarseggiano, meno male. Però ci imbattiamo e partecipiamo a iniziative che hanno un tratto differente perché pensate in maniera diversa, perché l’innovazione diventa l’appuntamento per innescare nuovi modelli di apprendimento e “hackerare” il system della formazione. Ecco allora che l’impresa diventa un banditore di progetti cui le persone si possono agganciare per accelerare il proprio sviluppo. Ho conosciuto una ragazza con meno di un anno in azienda che era stata coinvolta subito in un progetto strategico insieme a tre altri colleghi con diversa seniorship e responsabilità. A detta di tutti era l’esperienza più potente in termini di cose imparate e paradigmi superati. Il progetto! Il progetto, la nuova aula. Permettere a qualcuno di innamorarsi di un problema è formazione. Creare team ibridi che fanno collaborare teste diverse è formazione. Se poi questi team combinano expertise interne ed esterne, meglio! Ogni persona è un giacimento. Qualche mese fa abbiamo realizzato un evento per attivare un percorso di open innovation interna in un’impresa che lavora su tre sedi europee. Ci siamo resi conto che l’organizzazione non conosceva le proprie persone. Le persone sono barattoli di conoscenze, saperi e idee… cui non è stata messa l’etichetta oppure ne è stata messa una frettolosamente (siete contenti della vostra job description?). Da quel giorno è nato un progetto social business per far emergere tutte le skill affondate e nascoste, e funziona. Nelle imprese si installano hub e unit di innovazione. Bene. Si attivano progetti sedicenti agili. Bene. Basta? “Medio”!

Di "come fare" siamo già pieni, la dimensione su cui lavorare è quella del "perché" e del "chi"

Di “come fare” siamo già pieni, la dimensione su cui lavorare è quella del “perché” e del “chi” senza di cui ogni esperimento rimane artificio che genera sudore e non valore. Nei progetti in cui collaboriamo ci impegniamo a contagiare e a eccitare chi lavora con noi con un mindset semplice ma efficace. Siamo convinti che tre cose le persone devono allenare e applicare.

Le imprese devono diventare dojo permanenti

Partire da chi (persona) ha il bisogno e smettere di “virtualizzare”; quanta gente progetta risposte a bisogni che non conosce o pensa di capire? Collaborare con chi ci completa e integra; ma per collaborare bisogna avere forte il proprio “me” altrimenti il “we” non funziona.
Vedere il prima e il dopo di ogni cosa/evento/momento; viviamo di storie e di esperienze e quindi di relazioni sistemiche, non vederle è sabotaggio. Se le imprese diventano dojo permanenti in cui persone, progetti e decisioni si basano su questo mindset, meglio sarà. Alcuni lo chiamano “design thinking” ma teniamoci il succo e buttiamo l’etichetta, altrimenti diventa un’altra competenza da “checkare” in una lista di corsi fatti e/o libri letti.