Formazione e diverse generazioni

People Formazione e diverse generazioni

Come cogliere la trasversalità di intenti nelle generazioni X, Y, Z.

sintesi

La diversità è un valore che arricchisce gli aspetti della vita; un aspetto di forte diversità oggi si manifesta in modo affascinante e degno di attenzione quando si assiste all’incontro e alla coesistenza di diverse generazioni nel mondo del lavoro per progettare, per produrre valore, per cercare di vivere un presente instabile, caratterizzato da un divenire di fatti, la maggior parte dei quali intuibili ma non sempre certi. Le aziende si trovano oggi a dover gestire un ecosistema molto più complesso dei tempi passati, per altro appena trascorsi: si va in pensione molto più tardi e i giovani che entrano nell'Impresa generano approcci di pensiero, ritmi di lavoro, gestione delle informazioni totalmente rivoluzionari grazie al possesso e all’uso normale, quasi istantaneo, di competenze tecnologiche. Per la prima volta nella storia in azienda si confrontano quattro diverse generazioni: i Baby Boomer, la Generazione X , i Millennials, la Generazione Z. Diverse generazioni dunque, che possono creare un continuo flusso creativo anche se spesso abrasivo per lo scontrarsi di mappe mentali, modelli organizzativi e valori metabolizzati in modo completamente versatile. Se si trova, però, il modo di amalgamare e valorizzare i vari approcci il risultato può portare facilmente a contattare l’innovazione. Avere infatti nello stesso team di lavoro più generazioni che convivono può rappresentare un grande vantaggio per l’azienda. Oggi l’HR si attiva nella fase di attraction, utilizzando sia i canali di recruiting tradizionali, per individuare lavoratori con esperienza, sia i nuovi canali come social e app, per cercare profili junior. I manager dei team, si devono preparare a gestire gruppi di lavoro con linguaggi, forme di comunicazione, abitudini e modi di ragionare diversi, con l’obiettivo che il gap generazionale esistente non diventi un ostacolo alla collaborazione, bensì un punto di partenza per creare valore aggiunto e spesso non ancora indagato. Siamo testimoni di storie che ci raccontano di un mondo in cui i sessantenni hanno l’energia di un ragazzo, i settantenni frequentano le università, i trentenni cambiano repentinamente lavoro e i teenager, usando Internet, riescono a guadagnare in poche settimane. Anche le organizzazioni devono quindi porre attenzione alle peculiarità delle proprie persone e trasformare le diverse competenze generazionali in vantaggio competitivo. Ciò che rispetto al passato non sembra essere mutato sono i problemi con i quali le organizzazioni si dibattono: come sostenere la motivazione delle persone? Come consolidare il senso di fiducia e di appartenenza degli individui all’organizzazione? E infine come migliorare i rapporti tra i manager e i collaboratori? Come possono i leader orientare le proprie azioni sapendo di poter controllare sempre meno tutte le informazioni e di poter sempre meno declinare livelli di comprensione e di condivisione con persone di generazioni diverse? Esigenze che stanno profondamente mutando gli assetti di vita e di lavoro delle persone. Se la formazione degli adulti nell’attuale società ha senso - almeno nella prospettiva pedagogica – lo si deve principalmente al rapporto inscindibile tra formazione, apprendimento e persona, in particolare nel configurarsi come dispositivo importante della crescita dell’adulto durante il tempo del lavoro e, al tempo stesso, come fattore strategico del successo dell’Impresa. Interroghiamoci intorno a che cosa può e deve fare la formazione in azienda per aiutare uomini e donne ma anche giovani e ragazzi appartenenti alle nuove generazioni. Chiunque operi nel contesto formativo è convinto che la formazione degli adulti è chiamata a ripensarsi profondamente, perché intorno al valore di ciò che si definisce Formazione in azienda sembra perpetuarsi una diffusa insoddisfazione soprattutto per le attese mancate. Mi riferisco, in particolare, ai risultati della formazione, che anche quando registrano dati positivi a seguito della misurazione con i tradizionali strumenti, non sembrano determinare i cambiamenti attesi da coloro che promuovono e finanziano gli interventi. Le attese mancate della formazione sono osservabili nelle differenze tra i problemi che l’azione dichiara di voler risolvere e le soluzioni che prospetta. Esperienze che non sembrano prevenire i problemi, ma inseguirli, che si ancorano principalmente non tanto sul piano gerarchico quanto su quello dell’identità. Contattiamo anche se in modo generico, cosa intendono queste generazioni per scuola di lavoro e cosa si aspettano da percorsi ed esperienze formative. I Baby Boomer, nati tra il 1946 e il 1965. Credono nel motto “formazione e lavoro duro equivalgono al successo”. Formazione per loro significa crescita professionale. La Generazione X, nata tra il 1966 e il 1980. Se verificano che possono imparare e crescere restano. Esigono una formazione su temi innovativi per esercitare l’arbitrio di sapere ciò che gli altri sapranno più tardi. I Millennials (o Generazione Y), nati dal 1981 al 1995. Per loro l’apprendimento continuo è un modo di vivere e sono pronti ad investire in prima persona per accedere a master formativi che diano visibilità e posizionamenti selettivi nel mondo del lavoro. Il loro motto è “investire in competenze professionali mobili”. Vogliono lavorare con una squadra di alto livello sviluppando progetti in cui credono. Il loro motto è “multitasking o muori!”. Generazione Z – oggi hanno meno di 20 anni. Per loro la formazione non esiste se non applicata ad esperienze dirette e veicolate online. Prendendo quindi coscienza delle diverse richieste, generate da convinzioni alimentate da stili di vita e di pensiero appartenenti alle diverse generazioni, si intravedono soluzioni capaci di proporsi e di disporsi come “scuola della vita di lavoro”, che rappresenta un deciso “cambio di marcia” anziché un generico restyling, come la formazione solitamente intende già da molto tempo, per gestire il cambiamento. Sul piano didattico, l’uso del termine scuola assicura coerenza con la dimensione life-wide, life wide learning, lifelong, perché nella nostra epoca l’educazione sembra assumere e consolidare sempre di più un ruolo strategico, non solo per affrontare le sfide che il complesso scenario via via propone, ma anche per gestire e indirizzare azioni insieme ad obiettivi e fini al consolidamento di nuove visioni personali. Mentre il termine “vita di lavoro” ci porta all’ esperienza di vita nella pluralità di numerosi significati che guidano il progetto formativo: lavoro come convivenza, partecipazione, condivisione, collaborazione, cooperazione da cui possono derivare la dimensione di autoconoscenza di identità che riporta la “persona” al centro del processo formativo. “La formazione come pratica educativa che sollecita l’identità dei soggetti nel rapportarsi riflessivamente con i molteplici campi delle esperienze umane, dove i processi di differenziazione e di integrazione si svolgono in un complesso gioco di scambi in vista di ristrutturare produttivamente il sé”. (Gian Piero Quaglino, 2011) Esperienze, quindi, educativo-formative capaci di proporsi come “scuola della vita di lavoro” favorendo l’incontro delle diversità generazionali cogliendo da tutte la trasversalità dei loro intenti.