Innovation Un bell'esempio di local: Made in Lambrate
Made in Lambrate è un bell’esperimento di local in cui si combinano talent, community e making. Lo raccontiamo con le voci di alcuni protagonisti tratte dal nostro Quaderno #6. La parola a Nicola Zanardi, Massimo Carraro, Stefania Bandini e Andrea Gianni.
sintesi
Al local abbiamo dedicato l’ultimo nostro Quaderno e, lo avrete certamente visto, anche queste ultime settimane sono state un modo per continuare a parlare di quanto il “new local” sia strettamente legato ai concetti della weconomy, in termine di collaborazione, creazione di community, innovazione e tanto altro ancora.
Nell’ultimo post abbiamo anche visto quanto conta il design, o meglio il co-design per dare una spinta alle community locali con l’articolo di Francesco Zurlo.
In questo post vi vogliamo parlare del quartiere di Lambrate a Milano che è un esempio tangibile e concreto di tutto questo e, per farlo, ci affidiamo alle parole di chi ha contribuito a creare Made in Lambrate.
Inizialmente una fucina di idee che poi si sono concretizzate in un vero e proprio progetto che ha portato nel maggio scorso a una tappa davvero importante: Made in Lambrate è diventata un’associazione. Per maggiori info, vi rimandiamo al sito dove trovate la vision, gli obiettivi e le realtà coinvolte.
Intanto, qui alcune delle testimonianze degli “attori” lambratesi, che trovate per esteso sul nostro Quaderno #6.
Nicola Zanardi, giornalista e fondatore di Hublab:
“[…] Rovesciando la piramide produttiva le prime fonti di ispirazione e di attrazione del nuovo corso sono state certamente le gallerie di arte, nuovi hub delle aree urbane, qui tante e concentrate e (quasi) tutte dedicate al contemporaneo.
Il loro essere, insieme, contenitori e contenuto, come spesso nell’arte contemporanea, ha dato il via a cambiamenti di forme e di modelli originali a livello territoriale. Conoscenza, comunicazione, modelli di business e nuovi forme di comunità si sono incrociate facendo saltare le classificazioni e le categorizzazioni correnti. I contenitori, da esempi di architettura, sono diventati luoghi per i contenuti.
Come se la civitas – il complesso di schemi ideali e di comportamento su cui si fondano i costumi che definiscono la vita urbana – avesse preso il sopravvento sull’urbs, la struttura materiale che coincide con l’edificato. Le relazioni non formali che stanno alla base della civica (o del software, per usare un termine più attuale nella stessa accezione) sono un pezzo dell’habitat in cui stanno nascendo nuovi lavori sempre più legati ad una progettazione, a cui solo in alcuni casi, segue una produzione, diretta o indiretta.
Made in Lambrate nasce da qui. Da una comunità che, tutti i giorni tutto l’anno sperimenta, progetta, crea, produce, inventa, senza verità in tasca. Con molte radici e un futuro pieno di finestre da aprire”.
Massimo Carraro, fondatore Rete Cowo:
“Lo confesso: ho fondato la rete Cowo per motivi di bieco interesse personale. Condivisione collaborativa? Piattaforma condivisa? Co-opetition? Ma quando mai. Fin dall’inizio ho avuto – e continuo ad avere – una sola cosa in testa, nient’altro che un risultato personale. Io volevo creare il mio mondo. Prima di condannarmi, concedetemi – come si fa – una piccola requisitoria difensiva. Sono un copywriter, ho lavorato molti anni nelle multinazionalidella pubblicità. Quel tipo di posto doveun battito d’ali a Wall Street causa un terremoto (di licenziamenti) a Milano. Poi sono diventato free-lance. Ho scoperto le gioie del “bonus-malus”, cioè quando lavori giorno e notte 15 giorni per una gara che, se viene persa guadagni zero; se viene vinta guadagni quasi zero. Poi ho aperto la mia agenzia e ho iniziato a divertirmi con gli… studi di settore. Ci sono cose che rendono il lavoro un inferno, soprattutto per chi lo ama profondamente. Allora sono partito. Per un mondo che non esisteva.
E, visto che non esisteva, ho iniziato a costruirmelo. Partivo già bene, in realtà, grazie a tre cose: una persona eccezionale al mio fianco, un bell’ufficio a Milano, un blog su WordPress.com.
6 anni dopo, siamo in 92 spazi di coworking in 53 città, ma l’importante non è questo. L’importante è che ho capito che siamo in tanti ad aver voglia di costruire un mondo diverso, cominciando da una scrivania in coworking e da poche regole condivise (che potete leggere qui) […]”.
Stefania Bandini, Director of the “Complex Systems & Artificial Intelligence” Research Center, Crowdyxity Lambrate Milano
Partendo da Ventura Lambrate e del Fuorisalone: “[…] la folla organizza la sua marcia per emulazione, e passiva si conforma a processione per fermarsi in una densità senza senso, dove la direzione del ritorno verso polarizzazioni più promettenti è un po’ spettinata e smarrita. Ma egregia nella sua intelligenzareattiva e organizzata. Follia intelligente pura nella sua riorganizzazione. Chi dello studio delle folle, delle dinamiche pedonali e dei loro risvolti comportamentali ha fatto il suo mestiere, in questa occasione trova una notevole varietà di esempi paradigmatici utili alla creazione di scenari digitali innovativi basati su tecniche di Intelligenza Artificiale e Sistemi Complessi. E si consola nella prospettivadi un futuro dove sarà d’uso comune (comeil rasoio o il telefonino) l’impiego di tecnologie che, nella progettazione di eventi sociali urbani, integreranno le loro soluzioni basate su una intelligenza ridotta e artificiale con la natura folle ma intelligentement enaturale delle aggregazioni umane collettive.
In questa attesa, mi immergo nel flusso, mi lascio guidare da ingenue costrizioni polarizzanti e mi godo la splendida gamma umana che popola una delle più belle occasioni di fruizione d’arte e di design che Lambrate offre al mondo intero”.
Andrea Gianni, founder Subalterno I:
“[…] Nel 2010 cercavo un luogo dove raccontare, promuovere e distribuire il design autoprodotto in Italia, quegli oggetti realizzati dai sempre più numerosi designers-impresa che non trovando nelle aziende un interlocutore adatto si sono resi conto che è possibile occuparsi direttamente (grazie alle nuove tecnologie e alla presenza di una rete di bravi artigiani) dell’ideazione, produzione e distribuzione dei propri oggetti sostituendosi all’azienda per cui avevano lavorato senza grossi vantaggi o con cui cercavano di lavorare trovando mille ostacoli.
Subalterno 1 è un piccolo spazio segnato dal tempo, siamo intervenuti in modo puntuale cercando di conservarne la storia, la memoria di quello che era, ha una vetrina su strada ma si accede dal cortile attraverso un percorso intimo che introduce il visitatore alla scoperta del quartiere per poi, varcata la soglia dello spazio, ritrovarsi in vetrina. […] Siamo in un momento di grossi cambiamenti, i sistemi di produzione come li abbiamo conosciuti fino ad oggi stanno mostrando tutti i loro limiti e se da una parte la rete e i nuovi strumenti digitali, ormai alla portata di tutti,mostrano nuovi modi di produrre, comunicare, mettersi in relazione con il resto del mondo dall’altra la riscoperta del lavoro artigiano, delle tradizioni locali e del proprio territorio sembrano indicarci un modo tutto italiano per farlo; forse ora ci sono le condizioni perché i designers possano cominciare una nuova avventura.
Made in Lambrate ha anche una pagina Facebook e un account Twitter.