Social Design: tre casi concreti

Innovation Social Design: tre casi concreti

Common, Friendsurance e Airbnb: tre esempi di Social Design.

sintesi

COMMON

Nell’era della weconomy, capita che a essere condivisi non siano solo i consumi o le idee ma anche interi brand. COMMON è proprio questo: un marchio collaborativo che nasce sulla West Coast (ti pareva) un anno e mezzo fa sotto il segno della vision “accelerating social change” (o “doing shit that matters”, si legge in un’altra colorita descrizione…), e si propone di progettare e prototipare nuovi business con/per la propria community. Due a scelta: Common Cycles promuove la produzione locale di biciclette in bambù, Coffee Common l’integrazione sostenibile dei vari attori dell’ecosistema-caffè, dal coltivatore al “tostatore” fino al barista e al consumatore finale. Gli esempi possono anche non impressionare in termini di dimensioni ma, in prospettiva, è l’idea stessa di un macrobrand-ombrello che faccia da incubatore e “certificatore” social che può risultare scardinante, innescando partnership e ibridazioni imprevedibili, con un “New Capitalism” fisso in testa.

FRIENDSURANCE

“Trasferire le dinamiche della rete al mondo reale”: questo è uno dei mantra del social design. Diventa allora emblematico – ancor più di trovate “ad effetto” come il celebre advertising di Domino’s che spara senza filtri nel bel mezzo di Times Square le recensioni delle proprie pizze da parte dei clienti – un caso “minore” come quello di questa compagnia assicurativa tedesca che ha fatto di una trasposizione delle logiche social il proprio business model. Già nel nome Friendsurance fa capolino una delle “F” chiave della cultura digitale, quel semplice “Friends” che l’avvento di Facebook ha colorato di nuovo senso. Il meccanismo prevede che la polizza sia stipulata “in network” con altre persone disposte a coprire vicendevolmente i propri danni (almeno quelli di piccola entità), rendendo così il numero di “amici” nella propria rete (ed essendoci denaro di mezzo si può star certi della loro affidabilità…) un fattore economicamente decisivo.

AIRBNB

Quale grande catena alberghiera avrebbe potuto prevedere, solo 3 anni fa, che il suo più pericoloso competitor sarebbe stato di lì a poco… il suo stesso cliente?! Sono questi gli “scherzi” (belli o brutti a seconda dei punti di vista…) della weconomy: due ragazzi di San Francisco startuppano un servizio online che mette in contatto chi cerca un alloggio per la propria vacanza con chi ne ha disponibilità in loco, e nel giro di pochi mesi il fenomeno ha un’impennata tale da essere ormai entrato nella forma mentis di buona parte della generazione digitale (ma non solo). Dici “vacanza”, cerchi su Airbnb: altro che hotel. Il contatore in home page parla di una presenza di alloggi in oltre 26.000 città di 192 Paesi del mondo (quale brand può contare su altrettanta capillarità?), mentre il Wall Street Journal ne annuncia l’ingresso da ormai un anno a questo parte nel “billion-dollar startup club”.