L'ingegneria della consapevolezza

Innovation L'ingegneria della consapevolezza

Nell'intervista fatta al prof. Sanna, dell'IRCCS Ospedale San Raffaele, parliamo di ingegneria della consapevolezza e di tech e salute.

  • La robotica e il digitale sono delle evoluzioni necessarie della società e, a maggior ragione, anche del sistema sanitario e del sistema salute in generale.
  • Tutte le tecnologie devono entrare nel processo facilitando e aumentando il rapporto tra il medico, l’infermiere, il farmacista e il paziente, fornendo più strumenti al caregiver in generale per essere efficiente ed efficace nella relazione.
  • La “Ingegneria della consapevolezza” ci aiuta nel controllo di tutte le operazioni e di tutte le decisioni che, consapevolmente condivise con il paziente, devono essere trasparentemente in mano al medico, all’infermiere e al professionista sanitario.

In quanto professionista coinvolto nel settore sanitario, qual è il suo punto di vista sui temi della robotica e del digitale? Cosa è cambiato per un ospedale rispetto a 5/10 anni fa?

Considero la robotica e il digitale come delle evoluzioni necessarie della società e, a maggior ragione, anche del sistema sanitario e del sistema salute in generale.

Ciò che è cambiato negli ultimi 5 anni sono sostanzialmente le tecnologie abilitanti, ovvero quelle tecnologie che, anche se al momento non riusciamo ancora a vedere il loro risultato, attiveranno la rivoluzione robotica ed informatica del futuro.

Le tecnologie abilitanti a cui mi riferisco non sono esclusivamente di pertinenza della robotica. Sono per esempio l’IoT, il 5G, il Cloud e l’Edge Computing, componenti che, se assemblate, permettono un’integrazione della robotica e dell’informatica in un ecosistema, ovvero in un workflow, completo dei processi sanitari dal punto di vista fisico e digitale.

 

In che modo l’avvento di nuove tecnologie sempre più automatizzate ed autonome può cambiare l’approccio al paziente?

Questo aspetto è davvero interessante. Credo fortemente che l’approccio al paziente non debba cambiare. Tutte le tecnologie devono entrare nel processo facilitando e aumentando il rapporto tra il medico, l’infermiere, il farmacista e il paziente, fornendo più strumenti al caregiver in generale per essere efficiente ed efficace nella relazione. Un rapporto molto orientato all’empatia e alla visione olistica della persona e non semplicemente allo strumento tecnologico che abilita questa interazione.

 

Rispetto a questi cambiamenti tecnologici, come cambiano i modelli di lavoro negli ospedali? In che modo, a suo avviso, vengono rivoluzionati i modelli collaborativi nel settore sanitario?

Gli aspetti collaborativi sono uno dei particolari grandi vantaggi che la tecnologia può portare nel luogo di lavoro. I singoli professionisti non hanno più delle basi frammentate di conoscenza comune, ma condividono tutti i dati e i processi legati al paziente con una continuità che solo la tracciabilità dell’informatica è in grado di dare alla singola persona.

Ricordiamoci che i processi per definizione “sanitari” si basano sull’apporto e il contributo di molti specialisti in turnazione, ma anche di molte culture e competenze di natura relazionale che si interfacciano con il paziente. Una piattaforma tecnologica che abilita questa integrazione di intenti tra le varie competenze mediche in una maniera fortemente accurata, è il modo migliore per rendere l’intervento efficace ed efficiente e condivisibile anche in luoghi diversi rispetto a dove il paziente si trova in quel momento.

 

Il suo lavoro pare essere un lavoro molto delicato perché in qualche modo va ad intervenire in una dimensione nella quale la fiducia è un elemento centrale. In che modo l’introduzione di un layer tecnologico tra pazienti e personale sanitario/medico può influire su questa dimensione?

L’aspetto della fiducia è sicuramente l’elemento essenziale.

Possiamo parlare di due tipi di fiducia: quella del professionista verso la tecnologia e quella del paziente verso il sistema simbiotico tecnologia-professionista.

In questa prospettiva abbiamo sviluppato una disciplina chiamata “Ingegneria della consapevolezza1” che ci aiuta nel controllo di tutte le operazioni e di tutte le decisioni che, consapevolmente condivise con il paziente, devono essere trasparentemente in mano al medico, all’infermiere e al professionista sanitario.

Il medico e l’infermiere sono infatti il centro del sistema sanitario, e l’ingegneria della consapevolezza permette loro di essere più coscienti sulla quantità di informazioni e conoscenze necessarie (che altrimenti non potrebbero gestire) e più efficaci nella loro interazione con il paziente (cosciente che il controllo della conoscenza medica è in mano ad un essere umano aiutato dalla tecnologia).

D’altro canto è molto importante per entrambi che la gestione dei dati all’interno dell’infrastruttura digitale e robotica sia disegnata con una robustezza tale da garantire fiducia nel sistema in cui operano, e che la tecnologia sia serva della relazione fra medico e paziente e non si interponga creando delle distanze fra i due attori.

 

Quali sono alcuni dei suoi progetti che hanno fatto maggior uso di tecnologie di automazione/ai etc.? In che modo secondo lei hanno influito e trasformato elementi del settore sanitario (ad esempio rapporto medico-paziente, etc…)?

Partendo dal presupposto che mi occupo di progetti di ricerca che cercano di traguardare un’attività futura portando a prototipazioni che permettono di capire quale sarà il ruolo di queste tecnologie nella realtà, posso elencare alcuni progetti che in varie aree dell’ospedale hanno e avranno sempre di più un impatto.

Il primo è il “carrello intelligente”, utile per le molteplici attività che devono essere fatte con sicurezza nei confronti del paziente, garantendo la corretta gestione dei prodotti farmacologici, delle analisi diagnostiche e dei parametri vitali.

Un altro progetto di natura completamente diversa è la robotica introdotta nell’attività chirurgica, dove è possibile già vedere il cambiamento delle skills che i medici devono avere nella gestione delle operazioni chirurgiche.

E il terzo, riguarda la “robotica sociale”: robottini antropomorfi utilizzati nell’interazione con i bambini in pediatria per insegnare loro ad avere più aderenza ai comportamenti medici richiesti. Mi riferisco ad esempio ai bambini con Diabete di Tipo 1 che devono comprendere la propria patologia e il proprio comportamento nei confronti del cibo, della medicina e dei dispositivi medicali per la misurazione del glucosio, con un effetto di tipo motivazionale ed educativo.

Queste tre tipologie di progetti di ricerca sono le fondamenta per lo sviluppo di molti altri che in futuro permetteranno di migliorare logistica, empatia e conoscenza del paziente su più fronti: il processo nei reparti, la sala operatoria e la relazione con il paziente.