Self driven salesman. Il venditore  a guida autonoma

Future Self driven salesman. Il venditore a guida autonoma

Tra automazione estrema e iper-personalizzazione, ecco una visione che rende attuale, e sempre più attuale, l’essere umano in carne e ossa

Vi ricordate? Nel dramma del 1949 di Arthur Miller, Morte di un commesso viaggiatore, il venditore è una figura usata dalla società, ma non apprezzata (infatti muore suicida). Poco è cambiato da allora. Non solo vendere fa schifo come mestiere (denigrato e deriso da molti), non solo la vendita è l’unica attività in balia dei conti che devono tornare –  mica come le startup blasonate (vedi le fallimentari storie di unicorni uscite con le corna, o meglio il corno rotto, come il mega co-working network WeWork, pieno di debiti e vendite fallimentari) che vendono solo storie che attraggono venture capital in cerca di divertimento e glam (ma anche questo è sapere vendere, fumo) – ma ora la vendita può forse fare a meno anche del venditore in carne e ossa. 

Dopo la sbornia della digitalizzazione è tempo di umanizzazione. Le persone (e relazioni) prima di tutto

Commercio senza conducente

Tipo macchina senza conducente? Certo. Se possono le macchine perché non anche il marketing, i negozi, le consegne, i contenuti, l’assistenza e tutto quello che vi viene in mente. Ci sono voluti almeno dieci anni per far digerire la digitalizzazione che è già tempo di metabolizzare l’automazione. C’è un po’ di tutto. Magazzini automatizzati, consegne predittive, deep learning applicato al retail, applicazioni e assistenti digitali che affiancano il consumatore-utente. Quando non solo le imprese ma anche i consumatori esternalizzano, o meglio, delegano i loro comportamenti, decisioni e scelte alle macchine, chi è che vende e chi è che compra? Forse è giunto il tempo di parlare non più di commercio elettronico ma di commercio automatizzato o, più suggestivamente, del passaggio dall’e-commerce all’a-commerce. Non chiamate tutto questo “artificial intelligence” (è fuorviante) ma “machine intelligence” e automazione radicale. Come il self driven store di Themobymart Project con tanto di commessa ologramma o i vari staffless store (AmazonGo, Tao Cafe di Alibaba, Deepmagic, Bingo Box ecc.) completamente automatizzati e alimentati da super app come WeChat. Insomma, dopo la disintermediazione del negozio fisico ecco a voi la disintermediazione del fisico vero e proprio, quello umano. Il quale umano in versione Cliente potrebbe quasi gradire l’automazione che produce semplificazione in ogni fase della shopping experience: “Trovami il prodotto giusto, negozia il miglior prezzo, prenota il mio prossimo appuntamento, consegna quando sono in casa, gestisci le mie finanze, anticipa e personalizza ogni mio desiderio”. Perché se conosci il Cliente meglio di quanto il Cliente conosca se stesso grazie al deep learning puoi puntare dritto al deep commerce, per dire: consegni, come fa Freda, gli assorbenti proprio quando la Cliente ha il ciclo. Oppure trasformi le vecchie vending machine, come PopCom, in “automated retail for autonomous sales” tutto basato sul controllo da remoto e l’analisi dei dati. Ci sarebbe molto altro di dire, ma non si vive di solo commercio. 

Marketing senza conducente 

Tipo macchina che conduce le strategie? Certo. Il marketing, già artificiale di suo (nella narrativa), sta per diventare artificiale a tutti gli effetti: pensato, realizzato e consegnato (all’utente) da menti meccaniche, ovviamente intelligenti. Da Cogitocorp a Persado fino a Picasso Labs è un bombardamento di pittoresche sigle, di startup, di mega società tecnologiche e di consulenza, di cose come il Marketing AI Institute e di proclami assoluti come “Artificial intelligence is the most powerful technology of the 21st century” pronunciata alla famosa Rise of AI Conference che si svolge ogni anno a maggio a Berlino. Tutti quanti promettono di automatizzare gli acquisti ricerca, insights, creatività, contenuti, copywriting, account management, canali, portali, media, tracciabilità, profilazione, personalizzazione, relazione, call center, prezzi (dynamic pricing, nel gergo), consumi, assistenza Clienti e – ovviamente – vendite. Il marketing senza conducente corre verso un glorioso futuro dove tutti vengono spiati dal buco della serratura. Il motto? “Il Cliente il cui corpo (e anima) non è stato identificato appartiene al passato”. L’iper promessa è l’iperpersonalizzazione, chiave della vera fidelizzazione costruita su relazioni profonde e durature. Chiaro: se riesci a mangiare e digerire grandi quantità di dati dettagliati in tempo reale e responsive (predictive analytics) il tanto ricercato “offerte solo per i tuoi occhi” è quasi cosa fatta. Velocità dunque, ma non solo. Per sapere tutto devi anche spiare tutto. I giornali, giustamente, dedicano molto spazio al gioco “così sorvegliano tutti”: dai soliti Google & Facebook fino alle più piccole imprese che con il nuovo marketing tracciano ogni gesto per prevedere ogni nostro presunto (e sottolineo presunto) desiderio. Anticipandolo. Tutto troppo macchinoso? Forse, ma una cosa è chiara: il cambiamento dell’automazione sta avvenendo ancora più velocemente di quello della digitalizzazione.  

Non dimentichiamoci che siamo persone in carne e ossa a cui piacciono altre persone in carne e ossa

Vendita senza conducente 

Tipo macchina che conduce il venditore umano? Certo. Ora possiamo correggerlo e guidarlo, in tempo reale, su come comportarsi con il Cliente grazie al monitoraggio (spionaggio) di applicazioni come cogitocorp.com, una vera e propria “real-time conversational guidance”. Ma non solo. Anche proprio senza venditore, umano. In fondo lo smart speaker Amazon Echo, supportato dall’assistente vocale Alexa, cos’è se non un venditore a guida autonoma. “Alexa, vorrei organizzare un bel viaggio alle Maldive, cosa mi consigli?”. “Fidati di un bel Amazon’s Choice, il modo più semplice per ordinare e ottenere quello che fa per te”. Influenzati da un algoritmo o magari da un influencer fashion blogger generato al computer (come Lil Miquela creata da Trevor McFedries e Sara DeCou). E quando il bot del Cliente inizierà a dialogare con il bot del retailer l’automazione dell’interazione sarà assoluta e il cerchio chiuso o forse no perché Amazon ha in serbo altro per il futuro. Per Amazon il futuro point of sale è il mind of sale. Per Amazon il nostro cervello può diventare negozio. Un luogo pensante che desidera esperienze direttamente recapitate nel cervello come consumo immersivo sintetico. Sognare, imparare, viaggiare, amare, giocare in una sorta di trip sintetico dove la droga è semplicemente la tecnologia che abilita tali esperienze, magari anche sensoriali (gustare virtualmente un cibo). Mentale, digitale e reale si fondono in una nuova dimensione dove ogni consumo si riconfigura in base ai desideri. Stiamo forse assistendo alla nascita di un quantistico entanglement consumistico, una sorta di intreccio e sovrapposizione di consumi che avvengono simultaneamente come esperienza aggregante senza nessuna intermediazione umana. Delirante? Sì, ma plausibile.

Il venditore sarà come un broker che orienta il Cliente ovunque ci sia complessità

Vendita con nuovo conducente

Tipo macchina che porta, di nuovo, a spasso un vero venditore? Certo.  Con tutta questa automazione spinta conviene puntare anche alla relazione spinta. Dopo la sbornia della digitalizzazione è tempo di umanizzazione. Le persone (e relazioni) prima di tutto. Non dimenticandoci che siamo persone in carne e ossa a cui piacciono altre persone in carne e ossa. Oltre la tecnologia c’è il rapporto fra le persone, vera merce rara nel futuro. Garantire, con tutti questi computer e chatbot, servizi e consulenza con un tocco umano farà la differenza per il nuovo venditore il cui futuro non è certo nella rumorosa economia dei consumi, ma nella sussurrata economia della conoscenza. E il suo ruolo? Più un broker che deve orientare il Cliente – a suo nome e per suo conto – ovunque ci sia un livello di complessità veramente elevato e un’elevata necessità di soluzioni personalizzate. In fondo l’automazione delle attività, processi e richieste e tutte quelle azioni manuali che fanno perdere tempo (dalla gestione Clienti al lavoro front e backend) potrebbe liberare e rendere il venditore più “olistico” : meno monotonia e più tempo per essere creativi e strategici nel risolvere i problemi che contano davvero.

Ma, per tornare al tema del Quaderno, attenzione alla spazzatura. In passato si pretendeva dal venditore una forte dose di bugie e recita (se sei bravo vendi anche merda) oggi invece questo funziona assai meno. Il prodotto-servizio deve avere senso e il venditore deve avere senso. I migliori non sono più disposti a vendere spazzatura ma solo vere soluzioni. Meglio così.