Post-human. Le competenze per collaborare con le  macchine

Future Post-human. Le competenze per collaborare con le macchine

Come interpreta l'evoluzione delle competenze Loop AI Labs, una realtà di frontiera nel campo dell'intelligenza artificiale

  • Quando persone e macchine collaborano si hanno le migliori implementazioni dell'AI
  • Le skill per lavorare con l'AI non sono solo tecniche, è importante anche la contaminazione di diversi background
  • Per funzionare, l'AI va integrata passo per passo. I progetti avveniristici, che promettono di sostituire intere business unit sono fallaci

Cosa fa Loop AI Labs?
Abilitiamo l’intelligent automation attraverso cognitive software robot. Come spiega Gianmauro Calafiore, il nostro CEO: la nostra mission è accelerare la transizione delle aziende verso il business cognitivo. Promuoviamo una crescita sostenibile in due modi. Il primo, aumentando la produttività dei team garantendo l’accesso al 100% dei dati aziendali. Il secondo, preparando le aziende ai bisogni del futuro. La società sta crescendo più in fretta che mai e così i dati che produciamo e la loro velocità. Questo fenomeno genera preoccupazione in molti Paesi che, a causa dell'invecchiamento della popolazione lavorativa, dovranno fronteggiare una diminuzione del PIL nei prossimi 10 anni. L’introduzione di una forza lavoro digitale consentirà alle aziende di colmare questo gap e spostare le competenze dalle attività ripetitive verso quelle creative e innovative. (Ettore Murciano)

Quali sono le skill di una intelligenza artificiale?
Loop Q è una piattaforma unsupervised di cognitive computing. Significa che impara direttamente dai dati, senza guida umana, senza classificazioni, note o ontologie linguistiche preprogrammate per gestire il linguaggio e la grammatica. La nostra piattaforma crea modelli univoci a partire dai dati aziendali. In futuro, la scarsità di data scientist diventerà inevitabilmente un problema, per questo motivo abbiamo sviluppato una piattaforma che funziona senza intervento umano. È una specie di data scientist hardware e software o, meglio, un enorme team composto da queste figure.
Invece, gli approcci semi-supervised richiedono molto tempo, sono costosi e meno personalizzabili. Questa una strada, spesso, si basa su modelli creati a partire da un settore industriale specifico che, poi, un team di data scientist deve aggiornare e personalizzare manualmente con i dati aziendali. E, quando ci sono nuove informazioni, queste devono essere riaggiornate e ricaricate di continuo in piattaforma.
(Taniko Jackson-Martinez, Jaana Heikkila)

Che ruolo hanno, per voi, la contaminazione e i diversi background?
Avere diversi background e interessi è sicuramente utile. Nei candidati cerchiamo la curiosità, la capacità di investigare, la passione e l’essere problem solver. Chiunque voglia lavorare nell’area tecnica deve avere forti competenze analitiche, di immaginazione, oltre ad aver studiato e avere esperienza. Per quanto ci riguarda, è essenziale saper lavorare con dati non strutturati. Questi ultimi sono più complessi dei dati strutturati, e richiedono sia skill relazionali per intervistare i data owner; sia consolidate skill investigative per ispezionare e caratterizzare informazioni potenzialmente utili e poi decidere come usarle. Da un punto di vista formativo, invece, sono fondamentali l’esperienza con il machine learning tradizionale, strumenti e linguaggi di data mining, esperienza con le API, database e webserver.
(Dr. Bart Peintner)

Ogni giorno leggiamo miglioramenti delle tecnologie basate sull’AI. Come le vostre persone rimangono aggiornate e seguono percorsi di upskill?
Ci aggiorniamo sui nuovi sviluppi seguendo, con grande attenzione, il nostro ambito di ricerca: partecipiamo a conferenze accademiche, ai comitati di programma o leggendo gli ultimi paper. Poi ascoltiamo le persone più influenti nei settori di riferimento. Trovarsi nella Silicon Valley è un vantaggio: ci sono università fantastiche, aziende e opportunità di incontrare e ascoltare – durante talk o eventi – le persone più all’avanguardia negli sviluppi dell’AI.
(Dr. Patrick Ehlen)

Il nostro team tecnico collabora da vicino con la comunità degli innovatori nell’AI della Silicon Valley. Tutto gira intorno alla lettura delle ultime ricerche, fare network e confrontare gli appunti. Gli AI scientist collaborano molto tra loro e condividono pensieri – senza regalare i segreti del loro lavoro. Invece il nostro team commerciale ascolta i segnali del mercato, rimane allineato sui suoi sviluppi leggendo i report degli analisti e parlando con loro, partecipa agli eventi sull’AI, dialoga con i clienti per esplorare le loro necessità di integrazione dell’AI, legge tonnellate di email e pubblicazioni e segue webinar. Materiale che anche Loop AI Labs produce in prima persona.
(Jaana Heikkila)

Come fate a essere “a prova di futuro”?
Loop Q impara direttamente dai dati delle aziende, ed è “a prova di futuro” nella misura in cui, finché ci saranno informazioni alle quali attingere, continuerà ad apprendere in autonomia. Quindi, è fondamentale considerare la disponibilità dei dati, la loro selezione accurata e la data velocity. Perciò pensiamo che le aziende che partono da piccoli progetti abbiano più possibilità di successo con l’AI, rispetto a piani più grandi o progetti avveniristici, perché i primi offrono più tempo per la gestione del cambiamento, per la curva di adozione, e per superare paure e resistenze delle persone.
(Taniko Jackson-Martinez)

Pensate che, nel futuro, l’AI darà alle persone super-skill? Oppure credete che porterà alla disoccupazione di massa?
Quando persone e macchine collaborano, si hanno le migliori implementazioni del cognitive computing e dell’AI. Le macchine imparano dai dati creati dagli umani, comprendono le sfumature dei flussi di lavoro, delle azioni e delle decisioni. Con questo livello di comprensione, le macchine riescono a dare raccomandazioni, che poi sono confermate dalle persone. Insieme, l’apprendimento delle macchine è rafforzato dagli umani, e gli umani – a loro volta – sono aiutati dalle macchine nell’essere più produttivi e precisi. Bisogna cambiare punto di vista: il cognitive computing e l’AI faranno lavorare meglio, non renderanno i lavoratori obsoleti.
Le nuove dinamiche di team hanno sempre bisogno di un adattamento e non è diverso quando si tratta di integrare “lavoratori digitali” nei team di una orgranizzazione. Bisogna tenere a mente che l’obiettivo rimane sempre lavorare in modo migliore. In tutte le nostre implementazioni in grandi aziende della classifica Global 2000, non abbiamo osservato perdite di occupazione.
(Taniko Jackson-Martinez)

Per voi, ci sono sviluppi deludenti dell’AI?
Sono alcuni sistemi avveniristici, che proclamano di voler rivoluzionare sanità e dare benefici ai pazienti. Sono stati presentati come autonomi ma, dietro le quinte, c’è un comitato di specialisti che danno referti nel modo tradizionale. Poi ci sono le “interfacce conversazionali”: per noi i chatbot e gli assistenti personali sono pessimi in confronto alle capacità comunicative degli esseri umani. Ciò che offrono adesso è una serie di trucchi da palcoscenico e – secondo l’opinione di molti data scientist – l’idea che questi sistemi “riconoscano” il linguaggio è davvero deludente.
(Taniko Jackson-Martinez & Jaana Heikkila)