Verso un'economia civica

Economy Verso un'economia civica

La prossima sfida è quella di alimentare i talenti e ideare nuovi modi per sostenerlo.

sintesi

Per l’Europa, la principale sfida dei prossimi decenni sarà probabilmente la ricerca di nuovi modi di sostenere il talento. Il continente sta attraversando una crisi profonda, che tuttavia a mio avviso non investe tanto la “crescita economica e i posti di lavoro”, quanto piuttosto lo scopo stesso dell’economia e il sostentamento degli individui. Se si guarda al passato recente, il senso di sicurezza e la prosperità senza precedenti di cui molti europei hanno goduto nel dopoguerra erano ovviamente frutto di un’economia in rapida crescita, ma la sicurezza era percepita non solo in termini di reddito o di pensione, bensì anche in termini di identità professionali stabili e finalizzate e di speranza di miglioramento della vita privata e professionale. Come sottolineato da molti commentatori della situazione attuale – per esempio lo storico Tony Judt o il sociologo Richard Sennett – il problema del “lavoro” nelle economie occidentali non riguarda solo la sua scomparsa o precarietà, ma anche il suo svuotamento di scopo e la frammentarietà nello sviluppo della carriera professionale. Un lavoro piatto e precario alimenta la paura, l’alienazione e il cinismo, mettendo così a repentaglio il patto sociale delle nostre società democratiche; al tempo stesso, se non si trova un’alternativa per sostituire gli investimenti a lungo termine nell’“apprendimento sul lavoro”, una formazione professionale o attitudinale sempre più stentata porterà a uno sviluppo subottimale della forza lavoro e a un divario sempre maggiore tra l’élite dei dipendenti delle società più solide e la moltitudine di persone il cui talento viene sfruttato fino all’esaurimento o non viene sufficientemente alimentato, stimolato e coltivato. Per questo non possiamo permetterci di puntare a una creazione di posti di lavoro puramente quantitativa. Un’attenzione esclusiva al numero di nuovi posti di lavoro è alla base, per esempio, del cinico e sconsiderato sostegno fornito dalle autorità regionali spagnole alla nuova ondata di iperbolici progetti di sviluppo edilizio (non solo l’assurdo tentativo di costruire EuroVegas, una città del gioco d’azzardo nei pressi di Madrid, ma anche i progetti per innumerevoli appartamenti e campi da golf nelle ultime aree di territorio costiero non ancora distrutto) in un Paese con oltre 2 milioni di immobili disabitati e il cui potenziale economico a lungo termine è stato compromesso da una generazione di giovani che hanno abbandonato gli studi per realizzare guadagni facili con il mattone. La filosofia del “lavoro qualsiasi a tutti i costi” alimenta una mentalità miope e pretende di sanare un’economia profondamente devastata con strumenti ordinari. Occorre invece guardare alle persone dietro ai numeri dei posti di lavoro – al talento umano. Come fare per sostenere, incubare e liberare una maggiore molteplicità di talenti nella società? Come promuovere il talento nell’arco di un’intera vita, anche al di fuori di percorsi professionali stabili? Il mio laboratorio 00:/ [zero zero], con sede a Londra, si dedica da anni a questi problemi attraverso una serie di progetti. Il nostro libro su ciò che chiamiamo “economia civica” tratta un gran numero di proposte innovative a livello locale per liberare la creatività, l’energia, le abilità, la motivazione e l’ingegno delle persone; il nostro lavoro sulla co-fondazione di una serie di Impact Hub nell’ambito di una rete globale di spazi per un’imprenditorialità finalizzata e la co-fondazione di Hub Launchpad, un programma di accelerazione per aziende in fase iniziale, sono tutti elementi che fanno parte di quest’impegno. Tali progetti vogliono arricchire di scopo il lavoro come sostentamento; alcuni lo chiamano impresa sociale, ma ritengo che il termine sia troppo limitato e alieni troppe persone e organizzazioni il cui proposito principale non corrisponde alla definizione di “sociale”. Constatiamo in misura sempre maggiore che l’economia civica coinvolge i cittadini nella produzione di energia, cibo, assistenza o reti di condivisione, o che esistono nuovi canali di investimento locale in attività commerciali quotidiane dove il profitto, in senso stretto, non è l’aspetto essenziale.