Society Dialogo immaginario rapporto tra umani e tecnologia
Un dialogo immaginaro sui robot, le nuove tecnologie e gli umani. Un'intervista che riassume i temi trattati all'interno del Quaderno#12 di Making Weconomy: Robot - L'automazione è Collaborativa?
sintesi
Hasta la vista, baby.
Questa citazione la capiranno solo i Millennials e qualche Gen Xer… Non parliamo di Terminator, comunque. Il termine robot è usato come sintesi di quelle tecnologie che, almeno nell’immaginario collettivo, hanno e avranno la capacità di supportare e potenziare gli umani oppure di sostituirli e sopraffarli.
Ottimisti contro pessimisti quindi. Ma i robot non sono fatti per aiutarci?
Se pensiamo all’etimologia della parola, sì. Robot deriva dalla parola ceca robota, che significa ‘lavoro forzato’. Macchine che non si lamentano e svolgono tutte le operazioni che sono loro assegnate con velocità ed efficienza. In realtà però, fin dall’inizio, questo concetto venne percepito con timore e dipinto con sfumature distopiche. Addirittura il fratello dell’inventore della parola, lo scrittore Karel Čapek, utilizzò il concetto per il copione teatrale al quale stava lavorando, R.U.R., e… beh, diciamo che non finì troppo bene per gli umani dopo la rivolta dei robot.
Vince il pessimismo, insomma...
Nell’intrattenimento sì. Anche nel giornalismo qualche volta. I futuri distopici e gli scenari apocalittici sembrano intrigare di più di quelli scientificamente accurati. La realtà è (per ora, almeno) più noiosa. Il mondo nel quale viviamo è già intriso di automazione e di robotica. Pensa ai robot per pulire la casa, agli assistenti digitali in costante ascolto, alle macchine che parcheggiano al nostro posto o ai servizi che ci sollevano dal peso di scegliere cosa guarderemo questa sera. Queste sono le cose più evidenti, ma ce ne sono molte altre, molto più nascoste. La rivoluzione dell’intelligenza artificiale è già qui, in qualche modo ma non ce ne siamo ancora accorti.
Non mi sembra proprio una rivoluzione...
Diciamo che è un processo che è iniziato in maniera lenta ma che ora sta accelerando e continuerà ad accelerare nel prossimo futuro. L’automazione e intelligenza artificiale come disciplina accademica e di ricerca è nata a metà del secolo scorso, vivendo di alti e bassi. Però è adesso che iniziamo a percepire gli effetti di questa ricerca, anche grazie all’aumento degli investimenti di questi ultimi vent’anni. Ai non addetti ai lavori sembra tutto fermo o molto lento e poco rivoluzionario perché il nostro immaginario è sempre stato nutrito di immagini di libri e film di fantascienza che, in qualche modo, informano anche il nostro futuro ma lo iperbolizzano, rendendoci più insensibili ai cambiamenti meno evidenti.
Ma oltre al Google Assistant, ai robot che ci puliscono casa e agli algoritmi che ci suggeriscono cosa guardare, perché dovremmo essere interessati a questo argomento?
Dici poco… anche parlare di queste cose è importante, studiare gli effetti che questo genere di tecnologie ha sulla società, sui processi cognitivi e quelli di apprendimento, sui comportamenti d’acquisto, sul linguaggio, sui meccanismi di scelta. Sono coinvolte diverse dinamiche e discipline che vanno dall’etica all’antropologia, dalla sociologia alla filologia. E poi ci sono tutte le implicazioni nel mondo del business. Dalle preoccupazioni sulla disoccupazione dovuta al maggior impiego di robot alla digitalizzazione dei rapporti lavorativi, alla Industry 4.0.
Hai detto la parola magica. Di cosa si tratta, da dove viene?
Industry 4.0? Si tratta dell’applicazione di nuove tecnologie produttive che creano collaborazione tra tutti gli elementi presenti (operatore, macchine e strumenti) e nuove infrastrutture informatiche e tecniche che permettono di integrare i sistemi (Wikipedia). Significa sostanzialmente rendere più ‘intelligenti’ e collaborativi i macchinari utilizzati in azienda. Per quanto riguarda l’origine di questa rivoluzione è abbastanza evidente: è una rivoluzione guidata dallo sviluppo tecnologico, uno sviluppo che sta cambiando la vita di tutti, non solo di chi lavora in fabbrica. Pensa al cellulare che stai usando per registrare questa intervista. La traiettoria tecnologica che ha portato alla creazione e diffusione di questi prodotti è la stessa che ha dato avvio alla rivoluzione dell’industry 4.0: potere di calcolo che aumenta sempre di più scendendo di prezzo, velocità comunicativa sempre maggiore, quantità di dati macroscopiche e sviluppo di intelligenza artificiale, questi sono gli ingredienti che fanno vendere smartphone e che stanno trasformando il mondo dell’industria.
Ma non parliamo solo di tecnologia, spero...
Assolutamente no! Del resto, come ha detto al World Economic Forum 2018 Joe Kaeser, presidente e CEO di Siemens AG, “la quarta rivoluzione industriale non riguarda solo la tecnologia o il business. Riguarda la società”. Noi utilizziamo l’inevitabile filtro della tecnologia e della digitalizzazione per parlare di come i modelli organizzativi, le dinamiche collaborative, i processi di scouting e selezione, i meccanismi aziendali, le dimensioni manageriali si modificano ed evolvono. Parliamo di umani e di dinamiche umane, insomma.
Quindi, per tornare all’inizio, non dobbiamo preoccuparci di un futuro fatto di fabbriche popolate da robot e di esseri umani disoccupati?
Allora, è chiaro che la tecnologia ha, nel corso della storia, sostituito gli essere umani in alcune operazioni. E ancora potrà farlo. È altrettanto chiaro, però, che ha generato un’infinità di posti di lavoro. Ci sono e ci saranno sempre cose che solo menti biologiche potranno svolgere o campi che saranno estremamente avvantaggiati dalla collaborazione silico-carbonica. È proprio su queste ultime due dimensioni che vorremmo soffermarci. Quali saranno le discipline che vedranno gli uomini ancora più rilevanti, quali saranno le skills che permetteranno loro di primeggiare sulla concorrenza delle macchine e quali forme e dinamiche di collaborazione nasceranno dall’interazione umano-macchina? Su questo vogliamo concentrarci. Se vi abbiamo incuriosito, per avere un po' più di spunti, basta leggere il quaderno.