Companies Una profonda coerenza, contro il trash
Il trash esiste anche quando non c’è acquisto compulsivo. E il settore bancario è un punto di vista interessante per comprendere come, tra gli antidoti alla vendita-spazzatura, ci sia un atto di responsabilità: progettare ricadute positive per la società
Sono convinto di una cosa: dal trash possono nascere gli anticorpi per sconfiggerlo. Se ragioniamo a partire da quest’idea, si aprono due prospettive. La prima è negativa e ci serve per definire i confini di ciò che vogliamo superare. Credo che il trash esista perché, spesso, siamo portati a comprare per colmare un vuoto. Nel tentativo di riempire di senso valori sempre più sfuggenti, l’atto d’acquisto ci offre una soddisfazione immediata. Tutto nasce da un desiderio di possesso che non riguarda solo gli oggetti fisici, coinvolge anche i servizi digitali (non penso che le formule pay-per-use, da sole, siano risolutive). Il marketing – se ragiona in ottica trash – sa bene come sfruttare questo desiderio. Dal “bisogna colpire la testa dei Clienti”, siamo passati al “dobbiamo conquistare la pancia” fino ad arrivare a “dobbiamo prendere il dito delle persone”, quel dito che fa toccare il pulsante “acquista con un clic”. È un modo di pensare che esclude la necessità di riflettere, che punta sul far acquistare tante piccole cose di poco valore, per ridurre al minimo i momenti di pentimento che nascono quando si realizza di aver speso troppo. E così vediamo sempre più spesso offerte senza scadenza, Black Friday e formule sconto alle quali è difficile resistere. Ma la soddisfazione generata da queste strategie è solo apparente:
il vuoto non viene colmato e ci si accorge quasi subito che i beni comprati non servono davvero e, quindi, diventano spazzatura.
Possiamo pensare al trash come a un virus, che una volta sconfitto rende un organismo più forte
Se ci fermassimo qui potremmo saltare subito alle conclusioni: il trash ha vinto. Penso invece che il marketing e le vendite abbiamo una grande responsabilità, perché oggi siamo costretti a ragionare per cambiare le cose. Secondo me stanno nascendo i presupposti per una nuova consapevolezza e nuove scelte di consumo. Ed ecco la prospettiva positiva: possiamo pensare al trash come a un virus che – una volta sconfitto – rende un organismo più forte.
Ciò vale anche nel mio mondo. Il settore bancario sembrerebbe non risentire degli effetti del trash, perché i prodotti finanziari non danno piacere immediato, sono meno soggetti a un acquisto compulsivo e ci sono fortissimi elementi di regolamentazione, che impediscono di esporre i Clienti a rischi incompatibili con il loro profilo. Ma la nostra responsabilità è altrove: dobbiamo contribuire a progettare il futuro per le persone e per la società. Ecco perché, secondo me, chi lavora in banca dev’essere un “architetto delle scelte” e aiutare i Clienti a visualizzare un valore superiore.
Potremmo pensare che le regole alle quali siamo sottoposti ci tolgano iniziativa e ci sottraggano a quelle forme di ingaggio tipiche della vendita tradizionale, ma le banche non sono organizzazioni for profit come le altre, devono essere anche fit and proper (competenti e corrette). Prima di vendere un prodotto finanziario dobbiamo costruire un equilibrio che, rispettando le regole, risponda ai bisogni dei Clienti senza correre rischi reputazionali o condurre le persone a scelte sbagliate.
La nuova sfida è stare sul mercato creando un allineamento di interessi e soprattutto di valori
Fino a poco tempo fa i compiti delle banche erano “spostare soldi, dare soldi e dare consigli sui soldi”. Oggi ci stiamo muovendo oltre: i nostri gestori suggeriscono prodotti pensando a un allineamento comune degli interessi, che vada oltre il vantaggio nel breve termine. Per esempio, quando un Cliente acquista un servizio dedicato alle spese mediche con un canone mensile, noi facciamo un costante monitoring e – se non viene utilizzato – è nostro dovere essere proattivi: sospenderlo e restituire i soldi. Una scelta che, proiettata su grandi numeri, ha effetti negativi sul nostro fatturato. Ma va comunque fatta perché, per preservare una relazione con il Cliente destinata a durare, deve guidarci una profonda coerenza.
Abbiamo un’opportunità più grande: generare ricadute positive non solo tra i due attori coinvolti direttamente (la banca e il Cliente) ma sull’intero sistema, sulla società e sul pianeta. Ed ecco che prende forma una nuova sfida: generare utili contribuendo a una società che crede a un’idea di futuro. Non è un ragionamento astratto, è qualcosa che trasforma la composizione dei nostri prodotti. Per esempio, i nostri pacchetti previdenziali hanno senso di esistere per garantire il benessere futuro a un individuo, ma quel futuro potrà esistere se le aziende in cui il fondo investe sono responsabili verso l’ambiente e la società, in altre parole se gli investimenti sono ESG. Il mezzo cambia e si crea così un allineamento di interessi e soprattutto di valori. La nostra idea di stare sul mercato costruendo questo tipo di relazione diffusa è il nostro modo per combattere il trash.