Society Per una nuova idea di bisogno
Per comprendere in che modo la vendita possa “risolvere problemi” è importante ridefinire i concetti e stratificare risposte, per progettare come reagire in maniera adattiva, innovativa o disruptive.
Intercettare bisogni è, da sempre, il ruolo della vendita. La vera vendita. Perché è ormai assodato che offrire il miglior prezzo possibile non è sufficiente.
La cosiddetta “vendita transazionale” è un fenomeno del passato. Sarebbe azzardato accantonarla del tutto, ma di certo non basta.
La vendita, indipendentemente da ciò che offre, è un servizio che potremmo
definire “end to end”. Si occupa di trasformare un bisogno in valore per i Clienti. Dal punto di vista delle organizzazioni, è tra le funzioni più esposte all’esterno ed è la sola ad accompagnare i Clienti dall’inizio alla fine di un percorso o, meglio, di un’esperienza. Tutto il resto può avere tanti nomi: marketing, comunicazione, logistica. Ma non è vendita.
Pensiamo quindi che una selling experience debba sviluppare tanti momenti in cui i bisogni possano connettersi con l’offerta di un brand. E, oggi, tutto ciò può avvenire indipendentemente dalla transazione. La vendita è sempre meno una questione distributiva: abilita le persone a scegliere qualcosa, con la minor fatica possibile, nel miglior modo possibile. Detto in parole più semplici: la vendita risolve problemi. Si tratta di un processo adattivo e stratificato su più livelli, per generare valore in ogni momento della relazione brand-Clienti. Quindi crediamo che la vendita debba:
- Essere in grado di intercettare un bisogno che, da implicito nella mente di un Cliente, diventa esplicito.
Valore generato: le esigenze del Cliente prendono forma. - Identificare in che modo i prodotti/servizi di un brand si adattino ai comportamenti di un Cliente.
Valore generato: il Cliente impara a collocare i prodotti/servizi nella propria quotidianità e comprende come essa possa cambiare. - Essere in grado di offrire una prospettiva ignota, guidando i Clienti nell’evoluzione dei propri comportamenti e delle proprie abitudini.
Valore generato: è “la chiusura di un cerchio”. Si scoprono nuovi bisogni da intercettare e si prospettano nuovi modi per soddisfarli.
Superiamo la piramide di Maslow
Prima di procedere è importante ri-definire il concetto di bisogno. Non è un’operazione accademica, ma un passaggio importante per uscire dalla vendita trash. La società dei consumi ci ha abituati a pensare i bisogni come qualcosa di circoscritto e – in alcuni casi – indotto dagli stessi brand. Crediamo che, oggi, classificare i bisogni secondo un modello rigido e gerarchico come quello di Maslow porti fuori strada. Pensiamo non esistano più prodotti/servizi che rispondano a bisogni primari e altri, superflui, che portano all’auto-realizzazione. Un telefonino – per esempio – risponde a un bisogno primario o aumenta l’autostima? Probabilmente entrambe le cose. E, uscendo dagli esempi tecnologici: una vacanza è qualcosa che si può progettare solo dopo aver “scalato” i bisogni fisiologici, di sicurezza ecc. della piramide di Maslow? Oppure è un obiettivo accessibile a chiunque? Nelle società mature moltissimi beni sono diventati talmente sovrapponibili e accessibili da far saltare ogni opposizione essenziale/superfluo. Anche il lusso è cambiato e il futurologo Doug Stephens ci offre un’interpretazione interessante: “luxury is an idea of freedom”, è libertà, qualcosa a cui è davvero difficile dare un prezzo.
Dal nostro punto di vista, i bisogni hanno un significato ampio e inclusivo, che riguarda la vita delle persone. Soddisfarli migliora l’esistenza individuale e ha un impatto positivo sulla società. Si tratta di una sfida tendenzialmente infinita ed è una nuova responsabilità del mondo della vendita. Facciamo un esempio concreto: oggi una persona non ha “bisogno di un’auto”, ha bisogno di mobilità e l’auto è solo una possibile risposta per soddisfare questa esigenza, in un momento preciso della sua vita. In altri momenti (magari dopo un trasferimento in centro città) il bisogno di mobilità può prendere altre forme, che necessitano di altre risposte e che la vendita deve concretizzare. Ecco cosa intendiamo per adattività della vendita.
Per noi l’idea di “bisogno” ha un significato ampio e inclusivo, che riguarda la vita delle persone
Vendere significa risolvere problemi
Non esistono quindi singole risposte ai singoli bisogni. E non si tratta di un’argomentazione astratta, è un modo per riempire di senso un’esigenza più volte espressa dalle organizzazioni e cioè: mettersi nei panni dei Clienti. Inquadrare un bisogno che fa parte della vita delle persone è un modo per uscire da quell’impasse che porta spesso i brand a creare Clienti virtuali che rispondano a bisogni virtuali, per poi darsi risposte autoreferenziali, proprio con i prodotti o servizi distribuiti dallo stesso brand.
Per essere più chiari riprendiamo il nostro esempio sulla mobilità e proviamo
a calarlo in un contesto di vendita.
- SCENARIO 1. Oggi un Cliente può chiedere a un venditore d’auto di consigliargli il veicolo a benzina più adatto alle sue esigenze. È compito del venditore fare le domande giuste e presentare caratteristiche, vantaggi e benefici delle auto nel suo basket per guidare la scelta.
- SCENARIO 2. Tanto il venditore quanto il Cliente possono spostarsi da questo primo livello a un piano successivo. Un Cliente può chiedere al venditore un consiglio: “Dovrei invece comprare un’auto elettrica?”. In questo caso la risposta del venditore non può basarsi (solo) sulla presentazione delle caratteristiche del veicolo, deve partire sull’esplorazione dei comportamenti del Cliente, sul tipo di utilizzo che può fare con un prodotto con cui – in linea generale – non ha familiarità, per poi offrire una prospettiva che gli migliori la vita.
- SCENARIO 3. La risposta ai primi due livelli genera connessioni dirette tra un bisogno (nel nostro esempio la mobilità) e un prodotto (un’auto tradizionale o un veicolo elettrico). Ma c’è un livello ulteriore da contemplare nelle selling strategy. È il livello in cui il sistema-vendita agisce come trusted advisor. Qui venditore e Cliente costruiscono insieme una risposta che, nella mente di entrambi, non ha ancora preso forma. Oggi, infatti, un Cliente può rivolgersi al venditore con una domanda al massimo livello di genericità, proprio come – di solito – ci si rivolge a Google: “Per muovermi ho davvero bisogno di possedere un’auto?”. Il Cliente quindi chiede a un venditore di progettare – insieme – nuove abitudini. Pensiamo che, per la vendita, questa sia la sfida più ambiziosa. A questo livello, infatti, la vendita diventa l’enzima per costruire una relazione brand-Cliente in grado di vivere indipendente dai prodotti e servizi. Ed è così che la vendita diventa infinita.
I sette grandi bisogni
Abbiamo appena iniziato a scalfire la superficie. Questa interpretazione di bisogno non riguarda solo la mobilità, ma altri aspetti della vita delle persone. Grazie al volume Unlocking the customer value chain di Thales S. Teixeira, ne abbiamo individuati 7: oltre al già citato mobilità, gli altri sono abitare, vestirsi, mangiare, vivere meglio, imparare e divertirsi. Probabilmente non sono esaustivi, ma è ciò di cui le persone non possono fare a meno. Interpretiamoli come “contenitori di significato” che la vendita può riempire con risposte soddisfacenti.
Teixeira chiama questi bisogni “big 7” e ripartire da qui ci permette di aggiungere un ulteriore livello di lettura. Le aziende che operano in questi settori, dall’inizio del millennio, stanno vivendo enormi trasformazioni. Pensiamo all’effetto di Netflix sul mondo dell’intrattenimento, ad AirBnb al mondo dell’abitare o alla rivoluzione elettrica al mondo della mobilità. E non si tratta di trasformazioni guidate solo dalle innovazioni tecnologiche, perché non ci interessa solo la prospettiva della disruption.
Capire come la vendita possa intercettare i “big 7” è un modo per fornire ai Clienti risposte a cambiamenti continui e costanti. Pensiamo a come la maggiore attenzione ai temi della sostenibilità stia cambiando il settore del food. Perché – per esempio – è ormai dimostrato che gli allevamenti intensivi di bovini siano tra i maggiori responsabili dell’aumento delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera. E il ruolo della vendita è anche questo: non necessariamente cavalcare un’ondata di innovazione distruptive, ma comprendere i microsegnali di cambiamento e dare risposte durature.