Companies Il “gioco” della vendita. Tra emozione e relazione
Una prospettiva di sistema, per osservare come concetti come “relazione”, “emozione”, “fiducia” e “credibilità” interagiscano con i brand e i canali
Prima di tutto vorrei esprimere un pensiero a cui tengo. Penso che, in ogni relazione sociale in cui avviene uno scambio di “contenuti”, si consumi un breve istante in cui tutti gli attori coinvolti partecipano al medesimo “gioco”: la vendita.
La parola “vendita”, secondo me, racchiude una molteplicità di significati che prendono forma in base alla prospettiva di osservazione. Vendere è un’emozione che lega gli attori in campo e non deve basarsi unicamente sulla mera transazione, bensì deve costruirsi (nel breve tempo… e questo è complesso) sulla relazione, sulla fiducia e sulla credibilità. Il prodotto, inteso come oggetto di scambio, è solo l’elemento finale, per il quale però tutto è iniziato.
Nel mondo dei servizi, questa situazione è ancora più articolata, perché l’oggetto della “transazione” spesso è intangibile prima della vendita e solo dopo prende forma e sostanza.
Vendere è un processo ciclico, che si estende attraverso i diversi canali ed è frutto di tanti momenti di back and forth
Se volessi calare queste considerazioni nella realtà di mercato in cui ho il piacere di lavorare con Sky, diventa ancora più evidente la necessità di applicare una cultura di vendita emozionale e sempre meno transazionale. Partendo, ad esempio, da una prospettiva meramente economica, quando si offre un prodotto descrivibile come “l’emozione di un contenuto televisivo”, si agisce direttamente sulla sfera personale, dove il prodotto punta a migliorare il tempo libero, aspira a contribuire alla “better life” del Cliente e compete con la sua capacità di spesa marginale, confrontandosi con altri prodotti/servizi più immediati e più facilmente identificabili come necessari (spese telefoniche = relazione, telefono mobile = accesso alla digital life, cena fuori = social…).
Di fatto si toccano risorse che, nel bilancio di una persona, possono essere dedicate a molte altre cose. Sky quindi ambisce a “vendere emozioni”, che siano quelle dei tifosi, degli amanti del cinema o delle serie, dei fan degli show e dei format di tendenza, degli amanti dell’arte e della conoscenza. È qualcosa che aiuta a stare meglio e che difficilmente si può fisicizzare o mettere su uno scaffale. Ma c’è un altro importante elemento di differenziazione: un’emozione non si compra se prima non la si vive.
Appoggiarsi alla forza del brand, narrare più che vendere, semplificare l’offerta e ridurre le opzioni di trading sul prezzo, sono azioni che rimettono il contenuto al centro, creano trust e accorciano il lead time commerciale
Mix, canale e vendita trash
Esistono invece attori che interpretano la vendita in modo totalmente differente, non meno efficace, ma sicuramente più orientata alla massimizzazione del risultato nel breve termine. Specifici mercati e prodotti possono, ancora oggi, giustificare un approccio dove si sacrifica buona parte dell’esperienza Cliente. Talvolta però siamo portati a valutare tali performance giudicandole come output di un canale di vendita e spesso cadiamo nella trappola di “etichettare i canali distributivi” in base a questa variabile. Personalmente credo che ogni canale di vendita possa vestire tutti gli stili che un brand gli chiede di rappresentare. Non immagino un canale che violi tali regole anche perché la responsabilità sarebbe nella sua gestione e non nella sua struttura di go to market.
Queste mie considerazioni cercano di distinguere il concetto che qualcuno definisce come “vendita trash” (gergo a mio parere estremo, ma chiaro) dal ruolo che hanno i singoli canali, separando le responsabilità di tale fenomeno. Il go to market inteso come scelta del mix distributivo, a mio parere, può agevolare fenomeni “trash” ma non credo che ne rappresenti la vera causa. Tutti i touchpoint possono essere misurati su KPI qualitativi e quantitativi, o meglio con un mix dei due. Tutti possono avere un orientamento alla relazione con il Cliente più o meno spinta. Spesso è il rapporto costi-benefici che giuda la scelta aziendale e di conseguenza, la profondità qualitativa da garantire.
In un percorso di vendita ideale, nella relazione commerciale venditore-Cliente si sviluppa una “magica alchimia”
La credibilità si diffonde attraverso i canali
In una logica di trading innovativa, bisogna puntare a costruire una rete di relazioni con il Cliente basata su touchpoint fisici e digitali, dove l’esperienza di prodotto, lo storytelling e la forza del brand siano ben bilanciate, coerenti nei messaggi e sempre rivolte al Cliente. Tornando a Sky, spesso l’acquisto non avviene al primo contatto. Vendere è un processo ciclico, che si estende attraverso i diversi canali ed è frutto di tanti momenti di back and forth. Nel nostro caso l’omnicanalità è davvero fondamentale: è acquisizione progressiva di conoscenza da parte del Cliente, in un ecosistema che scambia stimoli continui. Ma ogni canale di contatto, per massimizzare
il proprio risultato, può talvolta generare stimoli non corretti (impulsi fake). Costi accessori, proposizione e ricchezza del contenuto, opzioni di piattaforma tecnologica, aspetti dell’offerta, sono tutti elementi esposti al rischio.
Più la relazione con il Cliente si basa su aspetti transazionali e più tale area di rischio si amplifica. Invece, appoggiarsi alla forza del proprio brand, narrare più che vendere, semplificare l’offerta e ridurre le opzioni di trading sul prezzo, sono tutte azioni che spostano l’asse, rimettono il contenuto al centro, creano trust nella relazione (sia fisica che digitale) e accorciano il lead time commerciale.