Companies Ecco perché è importante tornare a immaginare
L’immaginazione come leva per lo sviluppo del Paese. Ma perché è così importante e come può aiutare a migliorare la realtà in un contesto contrassegnato dalla complessità? In questo intervento di Cristina Favini – ripreso dal World Communication Forum – si analizza il ruolo dell’immaginazione in 5 punti chiave.
Con il claim “Torniamo a immaginare” si è aperto il World Communication Forumorganizzato a Roma da Comunicazione Italiana e che si è tenuto dal 3 al 5 giugno.
Un claim, ma soprattutto una call to action per tutti – imprese, organizzazioni, lavoratori – per sottolineare quanto l’immmaginazione, il progettare, il prospettarsi nel futuro sia fondamentale, specie in un contesto così incerto, per far sì che il pensiero creativo possa essere leva per lo sviluppo del nostro Paese.
A questo incontro abbiamo partecipato anche noi di Logotel prendendo parte alla plenaria d’apertura dal titolo appunto “Torniamo a immaginare – il pensiero creativo come leva per lo sviluppo del Paese”.
Pubblico qui la versione integrale del mio intervento durante la plenaria.
5 spunti di riflessione sul tema “torniamo a immaginare”.
1. Il mondo si sta trasformando, ma non era mai cambiato così velocemente: è urgente riscrivere i BISOGNI individuali e collettivi.
Il complesso sistema delle trasformazioni che percepiamo a tutti i livelli coincide con un cambiamento del corso e del senso delle nostre priorità umane. Per questo un’urgenza che non possiamo più ignorare è quella di ri-analizzare il sistema dei bisogni individuali e collettivi, cogliendo le nuove traiettorie e in nuovi significati che essi tracciano.
Abbiamo cancellato molte domande, valori, idee e visioni e per il nostro benessere abbiamo nascosto le sfide della contemporaneità. Sì, ma per quanto? E soprattutto a che prezzo?
Dobbiamo allora, per prima cosa, allargare lo sguardo e avventurarci sul terreno dell’ascolto. Sia perché riemergono bisogni basici ed elementari, sia per anticipare i nuovi bisogni delle generazioni che verranno. Forse dovremo riprogettare integralmente i nostri bisogni, parola per parola. Dovremo tornare a parlare di vita, di relazione, di città, di cibo, di ambiente, di lavoro, di comunicazione e di tanto altro…
Davanti a questa impresa l’immaginazione non è una risorsa tra le tante ma un organo necessario.
L’immaginazione è ciò che tenta di scorgere una forma (cioè un senso) di questa complessità.
2. Immaginazione vs reazione
La velocità della trasformazione ci porta quasi meccanicamente a reagire. Dovremmo invece dar credito e tempo all’immaginazione. Dobbiamo tornare a immaginare nuovi modi di vivere, soluzioni migliori
Gli uomini reattivi sono quelli per i quali quello che c’è basta (e avanza). Ma così non usciamo mai da noi stessi, anche se crediamo di essere dentro al mondo.
Chi immagina è invece chi fa esperienza che la realtà è più di quello che si vede. E che accetta la sfida di starci dentro, cioè di essere parte attiva di quel mondo. Una parte che si dà da fare per migliorarlo.
3. L’immaginazione oltrepassa e unifica
Immaginare non è farsi immagine del mondo. È seguire creativamente la profondità di ciò che vediamo. È la certezza che i contorni delle cose possono aprirsi. L’immaginazione unifica ciò che (ancora) non sembra unificabile. Immaginare non è un abbandono del mondo o dell’esperienza. È una moltiplicazione delle nostre prospettive su di esso. Da questo punto di vista l’unificazione dell’immaginazione è diversa da quella del ‘modello’. Un ‘modello’ semplifica – e le semplificazioni saranno sempre necessarie! – ma l’immaginazione tenta di unificare ciò che al momento appare eterogeneo. E unifica (di norma) secondo la forma del bello o del meglio.
Dove unifica? Nel pensiero? Sì, certo. Ma se rispondiamo ‘nel possibile‘? Di sicuro l’effetto è la scoperta di quante energie altrui si sono già attivate con la stessa convinzione.
4. Se l’immaginazione diventa Progetto (design) modifica la realtà, in meglio
Immaginare punti di fuga (nel senso di prospettive) non solo unifica, ma convoca anche altri sguardi, altre immaginazioni ed iniziative. Dobbiamo tornare a riconoscere che i nostri bisogni (e i nostri desideri) proiettano (e generano) progetti.
E ciò che voglio è un elemento della realtà da tenere in conto, non un elemento di disturbo, una tara da rimuovere. ‘Progetto’ è qualcosa che si dà solo uscendo da sé. Pro-iectum, gettato avanti, proteso. Proiectio nel latino classico è anche il distendere il braccio. Un significato interessante!
D’altra parte le persone sono per loro natura esseri eccedenti. Non riescono a limitarsi al loro habitat. Devono ‘sfondarlo’. E immaginare e progettare sono modi originari di questo sfondamento.
L’alternativa è la vittoria della ‘resistenza’, dell’attrito al cambiamento. L’impossibilità di ogni novità o miglioramento a misura delle persone. Una misura, si è detto, eccedente.
Progettare è allora:
– Pre-Vedere – immaginare cosa accadrebbe se…
– Vedere – immaginare soluzioni
– Far-Vedere – comunicare tutto questo
5. Cambia il ruolo della Comunicazione
Ogni trasformazione si annuncia nelle parole. In un linguaggio nuovo.
Comunicare dev’essere un’azione, anzi più di una:
– Abilitare / Portare le persone nell’immaginare
– Coinvolgere / Costruire un “senso” partecipato che scateni motivazione
– Accompagnare/ Favorire scambi continui
Solo così le parole che ci scambiamo tra noi divengono consistenti, cioè significano, indicano, e agiscono di più di quanto facciano le parole che ci diciamo da soli. Anche convocando chi ha riconosciuto la posta in gioco nel darsi da fare per un mondo migliore.