Coop: il cibo  non è una commodity

Companies Coop: il cibo non è una commodity

Sostenibilità, format dei negozi e pricing. Come questi elementi si influenzano a vicenda nella strategia commerciale di Coop Italia

Cosa significa per Coop la parola vendita?

Significa riuscire a trovare un punto di equilibrio tra la convenienza e tutto ciò che attiene ai valori di un prodotto. Non consideriamo il cibo, che per noi è il business primario, come una commodity, viceversa come un bene primario da tutelare e da offrire.

Com’è cambiata la vendita nella grande distribuzione?

È cambiata molto e continua a cambiare esattamente come è cambiato e cambia il consumatore. I nostri consumatori che sono ancora oggi in larga parte soci Coop (quasi l’80% delle vendite nella rete è realizzato dai soci) hanno in un certo senso precorso i tempi e ci hanno stimolato in maniera positiva. Le richieste di informazioni, il dettaglio sulla filiera dei prodotti, l’esigenza di conoscerne l’origine e ancora le domande sul versante dell’etica di chi produce e della sostenibilità del percorso del prodotto sono oramai un dato di fatto. Ma per noi lo erano anche decenni fa. Faccio un esempio: nel 1980 i soci Coop lanciarono una campagna di disincentivazione all’uso dei tradizionali shopper e un appello a non abbandonarli nell’ambiente. 40 anni fa. Non è un caso se prima che la normativa rendesse obbligatoria la sostituzione della plastica con il Mater-bi, noi nel 2009 avevamo già attuato lo switch impedendo l’immissione nell’ambiente di circa 450 milioni l’anno di shopper tradizionali e lanciando una campagna a favore delle borse riutilizzabili. L’assortimento di shopper riutilizzabili sviluppato dal 2009 ha portato un risparmio annuo stimato di circa 7 mila tonnellate di CO2. E da allora non ci siamo più fermati.

L’ipermercato appartiene a una modalità di spesa che non esiste più. Coop sta ripensando i suoi format in alcuni casi diminuendone l’area, in altri rivedendo l’offerta

Coop ha deciso di spostare l’attenzione dagli ipermercati ai market territoriali. In che modo ciò influisce sull’offerta?

Il concetto di ipermercato appartiene a una modalità di spesa che non esiste più e dunque quel formato fa oggi molta fatica a mantenere una sua redditività. Noi stiamo ripensando quella tipologia di vendita in alcuni casi diminuendone l’area, in altri rivedendo l’offerta nel food a svantaggio dei reparti no food (dall’elettronica alla casa) che sono stati i più colpiti dalla crisi dei consumi sicuramente per ciò che riguarda il nostro segmento di mercato. Oggi i consumatori ci chiedono formati più piccoli, più performanti, inseriti magari nel tessuto urbano per spese più frequenti e più leggere, più votate ai reparti del fresco che sicuramente crescono nei nostri assortimenti così come particolare attenzione abbiamo riservato alla territorialità e alla provenienza dei prodotti. Gli assortimenti evolvono verso consumi più attenti ai temi della salute e del benessere, cresce ancora il bio, come i prodotti premium o che rispondono a bisogni specifici. Le grandi marche e i marchi intermedi vedono ormai da anni erodere la propria quota, a favore della MDD (marca del distributore) e di nuove piccole aziende dinamiche e capaci di intercettare le domande dei consumatori. Grande importanza ha il nostro Prodotto Coop, con la sua articolazione in nuove linee e con quella doppia convenienza che è l’anima di Coop: conviene alle persone e conviene alle comunità, intendendo con questo l’ambiente, la socialità, l’etica nel produrre.

Rispetto agli altri operatori della GDO, quali vantaggi comporta essere una cooperativa di consumatori?

Siamo molto diversi dagli altri nostri competitor. Lo siamo per origine, storia e anche per missione. Diversamente dagli altri non nasciamo per puntare al profitto fine a stesso viceversa abbiamo l’obbligo di redistribuire gli utili, di ridestinare delle risorse ai territori e alle comunità dove siamo presenti. Voglio solo ricordare che nel corso dell’ultimo anno abbiamo reinvestito 60,4 milioni di euro sotto forma di attività sociali, assegni di ricerca, premi per le scuole, progetti di solidarietà locale e internazionale. Anche questo è Coop. 

Prezzo, filiera e valori sono elementi che devono vivere in equilibrio

Oggi l’azione di “fare la spesa” è cambiata. Le persone possono ordinare la spesa online, ricevere una cena già pronta tramite food delivery o magari, in futuro, entrare in un supermercato automatizzato (come Amazon Go). Ciò sta influenzando il “come vendere” di Coop?

Abbiamo esperienze diverse fatte dalle singole cooperative o a livello nazionale. Nel primo caso mi riferisco all’e-commerce di Coop Alleanza 3.0; avviato prima a Roma e poi esteso anche a Bologna, l’Emilia e il Veneto, EasyCoop è un servizio avanzato e innovativo di spesa online con oltre 10.000 prodotti in assortimento di cui 3.000 freschissimi o al servizio CoopDrive, esperienza delle cooperative del NordOvest, attivo in varie città con acquisto online e ritiro a punto vendita in aree dedicate. Nel caso del supermercato Coop a Milano Bicocca, erede del “supermercato del futuro” a Expo 2015, la spesa fatta online si può ritirare nei locker refrigerati, ogni colonna ha una diversa temperatura e le celle si aprono in sequenza a partire dai prodotti secchi a temperatura ambiente fino ai surgelati.

Coop Italia ha poi un canale dedicato all’e-commerce no food attivo in buona parte del Paese. Pensiamo che l’importanza del web e della digitalizzazione crescerà molto. Ma noi abbiamo scelto di integrare il digitale nella nostra rete fisica scommettendo sul fatto che il negozio fisico, se cambierà pelle, rimarrà protagonista ancora per molto tempo.

Coop sta facendo una serie di azioni interessanti per recuperare marginalità, che sembra essere un problema di tutta la grande distribuzione. Dal punto di vista delle vendite, quali sono quelle che ritenete strategiche?

La nostra strategia di vendita si basa sul prezzo giusto e non sul prezzo basso a ogni costo. Un esempio concreto: su prodotti come il pomodoro e i suoi derivati cerchiamo di trovare nella composizione del prezzo il punto di equilibrio che ne valorizzi la qualità e copra con la giusta remunerazione il lavoro che sta dietro a quel prodotto. Ciò significa avere un prezzo più alto in percentuale rispetto a altri competitor ma è questo – per noi – il concetto di prezzo giusto. Operare in tal senso, rendere più efficiente la filiera e tutti gli attori che la compongono, informare i consumatori su quali siano i contenuti del prodotto e conseguentemente scegliere, queste sono le nostre azioni strategiche.