Nuovi modelli, nuove capabilities

Articoli Nuovi modelli, nuove capabilities

Dopo il contributo sulla “A di Auto” firmato per il Quaderno #1, il prof. Alberto De Toni dell’Università di Udine torna anche sul Quaderno #4 con una riflessione sull’evoluzione dei modelli organizzativi nel contesto reticolare di oggi. Approfondisci qui.

Storicamente le imprese hanno risposto alla crescente complessità dei mercati esterni in due differenti modalità. L’aumento nella varietà dei prodotti esplode intorno agli anni ’70. I mercati vanno saturandosi e per mantenere alto il livello di domanda le imprese offrono prodotti in gamme sempre più ampie e personalizzabili. La complessità dei mercati entra quindi dentro le fabbriche. Non sono più i tempi del modello Ford T-101 di qualsiasi colore purché nero. Le imprese occidentali – preso atto che la classica tecno-struttura centrale, responsabile dell’organizzazione del lavoro, non era più in grado di gestire la complessità che, dall’esterno, faceva irruzione nei processi interni – hanno tentato di sostituire la tecno-struttura con un potente computer che potesse garantire un’automazione integrata dei processi. Se gli uomini non riescono più a controllare i processi diversificati, a riuscirci sarà un sofisticato sistema informatico. E’ l’illusione “pantecnologica” del Computer Integrated Manufacturing, una sorta di “Fordismo oltre Ford” che ha caratterizzato in quel periodo le imprese europee e statunitensi. Dall’altra parte del pianeta, intanto, Taiichi Ohnoandava da tempo riorganizzando la Toyota con un approccio diametralmente opposto: antropo-centrico versus tecno-centrico. La parola chiave è autoattivazione. Anche l’ultimo operaio in periferia deve auto-attivarsi per gestire la complessità della diversità che non può essere gestita centralmente. È il modello auto-organizzato della cosiddetta “aristocrazia operaia” nipponica. Gli operai sono denominati aristocratici perché non sono responsabili solo dell’esecuzione, ma anche di programmazione, qualità, manutenzione e coordinamento con monte e valle.

Storicamente a vincere la sfida non è stata l’esperienza occidentale – l’automazione integrata – bensì quella orientale, ovvero l’auto-organizzazione, intesa come un modello organizzativo di risposta “a molte menti” in contrapposizione a quello classico “ad una mente”.

Oggi possiamo identificare quattro diversi modelli ispirati all’auto-organizzazione. Il primo è quello circolare: dalla rappresentazione classica a piramide dell’organigramma si passa ad una visualizzazione per cerchi concentrici; si aggiunge una dimensione di interconnessione orizzontale oltre a quella verticale del passato.

Un secondo modello è quello ologrammatico: la parte è nel tutto, il tutto è nella parte, come nei frattali. Tradotto in termini organizzativi: tutti sanno fare tutto. Una concezione del lavoro non più fondata sulla specializzazione, bensì su job enlargement e job enrichment, la quale supera la tradizione taylorista e punta a profili professionali ridondanti, polifunzionali e polivalenti.

Un terzo modello è quello cellulare, di origine antropologica, ispirato alle teorie dei gruppi che hanno naturalmente segnato l’evoluzione dell’uomo e delle scimmie antropomorfe tutte. Fulcro del modello cellulare è il tema della condivisione: di valori, di processi, soprattutto di visione. Perché senza la condivisione di una visione – una visione che dia un senso, che accompagni l’intera organizzazione verso un futuro desiderato, che possa essere esemplificata, che sia evolutiva – il rischio è quello di disperdere le energie. Il quarto e ultimo modello di auto-organizzazione è quello olonico: le singole unità dell’organizzazione sono capaci di riconfigurarsi di volta in volta per dare risposte sempre diverse a diverse sollecitazioni ed esigenze.

Quattro modelli di auto-organizzazione che richiamano quattro capability: circolare -> interconnessione; ologrammtico -> ridondanza; cellulare -> condivisione; olonico -> riconfigurazione. La ridondanza merita una particolare attenzione. La ridondanza di cui parliamo è di natura intangibile: le persone possiedono maggiori capacità cognitive, funzionali, informative e relazionali. Solo una elevata ridondanza intangibile può ridurre la ridondanza tangibile, ovvero ottenere gli stessi prodotti con meno ore di manodopera, meno ore-macchina, meno materiali, meno spazio, etc. Questo trade-off tra ridondanza tangibile e intangibile, questa proporzionalità inversa è imprescindibile: non c’è “lean model” possibile senza education, senza cooperative learning, senza tutta una serie di azioni volte ad aumentare la disponibilità di informazioni e le capacità professionali e di adattamento delle persone.

QUI LA VIDEO-INTERVISTA AL PROF. DE TONI REALIZZATA PER IL QUADERNO #1 “AUTO, BETA, CO”: