Join the community: la forma dell'economia

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In che modo la Weconomy sta plasmando l’evoluzione economica (e non solo) attraverso le sue dinamiche collaborative e comunitarie? In questo post offriamo spunti per avviare una riflessione sul profondo cambiamento avviato da questi processi.

Dei molti approcci al tema della Weconomy non sono pochi quelli che ne evidenziano il carattere rivoluzionario, di rottura rispetto all’economia di consumo come noi la conosciamo. Un nuovo soggetto — il noi — nuovi ideali e, in prospettiva, l’esito di un nuovo mondo ad attenderci. Un mondo nel quale i fattori reali più ‘nostri’ si troveranno fecondamente fusi a dinamiche di larga (forse massima) scala. Un mondo nel quale il ‘proprio‘ (e il ’nostro’) troverà una immediata espressione e riconoscibilità sociale. Un mondo, cioè, nel quale il globale sarà con naturalezza percepito come una protesi, un’espansione del ‘proprio’.

Ma che cosa sono questo ‘proprio’, questo ‘mio’ e questo ‘tuo’ che già Rousseau considerava i semi generatori della società umana? A leggere Botsman & Rogers, che pure pretendono di non trascurare il versante più propriamente economico della sfida posta dal collaborative consumption, questo ‘mio’ e questo ‘tuo’ dicono più originariamente una naturale tensione comunitaria. L’invito “join the community” non si riferisce allora solo ad una delle attività caratteristiche e strutturanti l’economia collaborativa, ma rappresenta in definitiva la forma stessa che potrebbe assumere l’intera catena del processo economico. Una economia che potrebbe non coincidere più con la produzione e lo scambio di merci finalizzato alla soddisfazione di bisogni per diventare un creativo strumento di (auto)riconoscimento, di comunicazione e di interazione.

Le sfide che uno scenario di questo tipo pone alla nostra comprensione ed alla coscienza del nostro proprio mondo (prima che alla nostra capacità progettuale e realizzativa) non sono da poco. Sintetizzando si tratterebbe di elevare ‘autostima’, ‘identità’, ‘reputazione’ al rango di moventi economici originari e di individuare nell’esperienza dei nostri legami personali e comunitari una forza dinamica di trasformazione anche fisica del mondo materiale. Si tratta di una rivoluzione dello sguardo piuttosto impegnativa. Erik Qualman nel suo Socialnomics ha descritto (ed esaltato) il mondo dei social network come un mondo in un certo senso naturalmente forgiato su questa svolta.

Si può non condividere quell’analisi e quell’entusiasmo ma appare piuttosto evidente che quegli strumenti hanno riscritto in maniera rapida e profonda le nostre dinamiche di (auto)riconoscimento, di comunicazione e di interazione. Resta tuttavia da chiedersi: quanto siamo consapevoli non solo della nostra naturale tendenza sociale e comunitaria ma, soprattutto, della sua potente espressione creativa e produttiva? È per noi concepibile che gli stessi moventi che ci spingono alla sfida dell’incontro e dell’interazione con gli altri possano diventare gli ingredienti fondamentali e concreti dell’impresa economica? Infine: abbiamo con ciò complicato di molto il problema dello scenario futuro o esso si è enormemente semplificato?