Articoli Collaborare: urgenza o emergenza?
Una riflessione del DG Logotel Nicola Favini sui temi della collaborazione, dell’ibridazione e della coopetizione: perché e come, in un contesto sempre più accelerato, questi approcci possono generare unicità per la propria impresa?
Se Tom Kelley ci ha folgorati con il suo “l’innovazione non è percorribile in solitudine” è perché ha colto il vero significato del fare impresa. Fare impresa non è parlare di startup, non solo. Fare impresa è innovare per durare. Fare impresa è dentro le imprese, tra le persone, tra le funzioni (ma esistono ancora?), con i Clienti, tra imprese. L’innovazione deve essere un atteggiamento quotidiano, che tocca le piccole cose come le grandi storie. L’innovazione è prima di tutto immaginazione, quindi creazione, quindi accompagnamento. Immaginare in maniera collaborativa è più ricco. Certo che spesso l’immaginazione, ovvero l’atto per cui si crea una visione che poi trascinerà il cambiamento (l’idea), parte da un singolo. Ma poi questo singolo dovrà riflettere, ovvero “far rimbalzare”, la sua idea con altri per svilupparla. La creazione è un fatto collaborativo. Aggregare mestieri diversi, combinare le proprie competenze con le capacità degli altri è collaborazione. La specializzazione, da sola, non fa. Per fare impresa occorre fare mash-up di persone che hanno consistenza diversa.
E non dimentichiamoci dell’entusiasmo. L’entusiasmo è una competenza moderna. Per creare occorre collaborare tanto con chi ha entusiasmo che con chi porta altre risorse o skill. L’accompagnamento dell’innovazione è un processo collaborativo. Cambiare un mercato, trasformare un canale di vendita, creare un nuovo distretto dell’eccellenza, rilanciare un’impresa, costruire nuove alleanze: tutto questo non si fa da soli. Collaborare è l’urgenza del fare. Punto. Siamo nel II decennio del 2000, e l’innovazione stessa è cambiata. Per creare un vantaggio competitivo, per sparigliare sul mercato, per assicurarsi l’attenzione dei Clienti bisogna ibridare. Ibridare fa rima con collaborare. Siamo lontani dal consueto algoritmo delle sinergie per cui 1+1=3. Ibridare significa che 1+1=U. L’innovazione emerge dalla capacità non di inventare qualcosa che non c’è (siamo nel 2012!!!) ma nel ricombinare elementi esistenti e farli collaborare per creare UNICITÀ.
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Unico è un prodotto che diventa servizio grazie al digitale, unica è un’alleanza tra una rete di vendita e un nuovo sistema di pagamento mobile, unica è un’impresa che si ripensa ibridando nella stessa funzione organizzativa il web con il call center (e vi chiedete perché?), unica è una squadra dove ogni persona diventa formatore degli altri, unico è un punto vendita che occupa lo spazio dei muri di una fermata della metropolitana e trasforma gli smartphone dei passanti in carrelli della spesa. Ibridare. D’altra parte, il primo a ibridarsi è il Cliente. Per parlare con un Cliente ibrido e avere la sua attenzione occorre far collaborare e ibridare luoghi di contatto, canali di ascolto e conversazione, tecnologie e relazioni ma anche aziende concorrenti. Nel Rinascimento, ma anche nella maggior parte delle vie commerciali della Parigi di oggi, gli artigiani con simile mestiere si riunivano nella stessa strada. Si chiama co-opetizione. Se sono convinto di essere UNICO, metterò il mio negozio vicino ad un collega di mestiere. Sono unico e quindi non temo la sua concorrenza, ma se ci mettiamo vicini attireremo più Clienti nella nostra strada. Collaborare è l’emergenza del nostro momento?