Nuove specie di collaborazioni?

Society Nuove specie di collaborazioni?

Un'introduzione ai temi legati al quaderno #11 “Quid novi? Generazioni che collaborano”

sintesi

Classe ’74. Sono della Generazione della Transizione. Il nostro X factor è quello di essere consapevoli del passaggio tra vivere in un mondo analogico e esistere in un mondo dove analogico e digitale sono la realtà. Leggo la posta da Outlook, difficilmente dal cloud e sono ancora resistente a usare Whatsapp come strumento di lavoro. Per i tecnici sono una immigrata digitale, per i miei figli, classici prodotti della Generazione Z, semplicemente “lenta”. Lavoro nel qui ed ora, ma sono molto orientata al futuro.  Perché racconto questo? Perché ogni volta che proviamo a inquadrare una tematica sfuggevole com’è quella del capirci meglio come persone, e del capire meglio le persone con cui e per cui lavoriamo, il rischio è la scelta di un solo punto di vista. Ora mi spiego meglio (forse). Le generazioni sono sempre esistite, solo che ora ne leggiamo la complessità e ci troviamo ad affrontare dei “divari” culturali ampi che, vista la velocità del cambiamento, sentiamo più di prima.  Fuori camminano e si incontrano in metropolitana 6 generazioni diverse (o 5 se ne accorpiamo un paio): quella della Ricostruzione (nati tra il ’26 e il ’45), i Baby Boomer, divisi in Generazione dell’Impegno (nati tra il ’46 e il ’55) e Generazione dell’Identità (nati tra il ’56 e il ’65), la Generazione di Transizione, o Generazione X (nati tra il ’66 e il 1980) e la famosa Generazione del Millennio, detta anche Millennials o Generazione Y (nati tra il 1981 e il ’95). Per ultima abbiamo la Generazione delle Reti o Generazione Z (nati dopo il ’96). Dentro le Imprese oggi se ne contano solo 4 ma fra poco aumenteranno, complice l’innalzamento dell’età pensionabile e l’aumento del tempo di vita medio.Non è la prima e unica volta che leggiamo articoli di cronaca sul divario tra generazioni. È di qualche settimana fa la notizia di alcuni pensionati alle Poste che si sono scontrati con persone più giovani perché questi ultimi dribblavano la coda grazie ad un’app salva tempo (progettata probabilmente da un UX designer millennial). Come è interessante vedere che le Aziende che rappresentano uno specchio della società sono terreno di numerose incomprensioni e scontri tra generazioni. Progettiamo la motivazione a rimanere nelle nostre Aziende basandoci sul nostro vissuto, quando i Millennial hanno altri interessi che non riusciamo a valorizzare, con la conseguenza di un aumento importante del turnover e di una perdita di partecipazione all’identità aziendale.   Non ultima una riunione con un Cliente che mi raccontava come l’introduzione di programmi chatbot (letteralmente algoritmi che strutturano la conversazione tra un robot e i Clienti) richiederà l’inserimento di nuovi ruoli e determinerà la sparizione di altre competenze. Mai ci era capitato nella progettazione di considerare la “tecnodiscriminazione”, fenomeno che non riguarda solo alcuni tipi di persone non giovanissime ma anche una buona fetta della generazione dei Millennial più svantaggiata, che non ha mezzi per essere nel “flusso”. Di fatto oggi dal comprare un biglietto, a fare la spesa, a muoversi in città, a come si lavora, è interessante rendersi conto come facciamo “vecchie cose” in modo nuovo. Proviamo ad immaginare quando la nuova Generazione Z, con il supporto di robot (altra specie di Generazione), nel 2030 farà cose nuove in modo nuovo.A quel punto la trasformazione delle abitudini da un lato e degli ecosistemi di business dall’altro sarà ancora più discontinua e veloce. Non solo: se prima l’obiettivo delle Imprese era vendere prodotti, in futuro sarà sempre di più quello di vendere l’uso o il tempo di prodotti, di esperienze positive a ogni latitudine e questo ribalterà pesantemente la questione. Ogni “contatto” con il Cliente sarà ancora più scambio di valore continuo e, quindi, di servizio.   Ma spesso la progettazione nelle Aziende resta ancorata a vecchie modalità e la rigidità delle organizzazioni, che incasella le generazioni in silos verticali, non aiuta lo sviluppo di nuove modalità di relazione. Relazioni che sarebbero invece dinamiche, vitali e, per definizione, in continuo sviluppo. Un servizio è una risposta alla vita delle persone. Non da fuori, ma da dentro di essa. Una mutazione continua in ogni direzione. Questa mutazione esige sensibilità speciali, in continuo esercizio, perché standard e manuali non bastano più. Mutano le persone, i loro bisogni e la loro interpretazione, le loro azioni e gli sfondi su cui le persone collocano queste azioni. Come sarà la Generazione Z a 50 anni? Dovrà collaborare con le macchine? Come saranno i nonni Millennial? O semplicemente come saremo noi Generazione X tra qualche anno? Sguardo, pensiero e azione devono restare plastici, malleabili, soprattutto per mettere in campo “soluzioni” di nuova generazione. Tutto questo ci richiede di diventare “esperti” di persone, dei loro bi-sogni, dei loro comportamenti, delle loro emozioni; ci richiede di diventare collezionisti delle loro storie, delle loro modalità di relazione; ci richiede di allargare il punto di vista, renderlo acuto, inclusivo e capace di quella qualità rara che è l’interpretazione. Competenze difficili da allenare e esercitare nelle organizzazioni.   Da qui l’importanza di considerare le generazioni come un ulteriore filtro per comprendere meglio, esplorare le preferenze, le motivazioni, le aspirazioni e le paure di porzioni discrete di popolazione. Persone che si trovano a condividere luoghi, tempi e attività con mindset e approcci diversi, che hanno la necessità di creare percorsi comuni pur partendo da background differenti. Attenzione però, come dicevo c’è un rischio, la scelta del punto di vista. Se chiederete a qualcuno della Generazione dell’Impegno vi dirà che le nuove generazioni non vanno in profondità. Ma noi quando eravamo giovani lo facevamo? E i Millennial non saranno per sempre giovani. Qual è il limite? Ognuno di noi porta tatuata la propria generazione sulla pelle e vede le altre per differenza, spesso appiattendo le sfumature, mettendo in risalto solo le luci o le ombre. La realtà è molto più ricca di sfumature. La realtà è molteplice, è un multiverso.   Provare a comprendere le generazioni è un ottimo punto di partenza che ci aiuterà a capire meglio il nostro collega e i nostri figli, ma non è sufficiente. Unica “chance” è assicurarci di abilitare ambienti, spazi, tempi e appuntamenti in cui la biodiversità generazionale è assicurata, in cui facciamo accadere la collaborazione tra generazioni. Modalità in cui ogni persona con il proprio vissuto, con il proprio marchio di fabbrica, partecipi, solo così eviteremo la scelta dell’unico punto di vista che, proprio perché è unico, esclude e non valorizza la bellezza della realtà. Quindi basta interfacce progettate da giovanissimi per giovanissimi, basta board aziendali di top manager non aperti al confronto con altre generazioni. Le Imprese possono invecchiare, ma possono anche ringiovanire con il giusto mix e la giusta guida. Aumentiamo la biodiversità per mettere in campo nuove specie di generazioni. Più che mai è necessario trovare un equilibrio transgenerazionale che non sia solo pacifico ma anche fecondo.   Questo è il tema dell’11° Quaderno di Weconomy “Quid Novi? – Generazioni che collaborano”, letteralmente “Cosa c’è di nuovo?”. Il Quaderno vuole essere solo l’incipit di una riflessione ampia e non esaustiva, che prova a mettere in ordine “di chi stiamo parlando” e a mettere in luce le differenze e i punti di contatto tra gruppi di persone nate in epoche diverse. Nel Quaderno abbiamo provato a trattare il tema con un’alta biodiversità, con competenze e mestieri diversi, per assicurare un punto di vista molteplice: da chi lavora tutti i giorni con le nuove generazioni (psichiatra), a chi lavora con manager aziendali (formatore), a chi disegna servizi (interaction designer), a chi ha progettato famosi prodotti del Made in Italy per tutte le generazioni (designer di prodotti), a chi è pagato per immaginare il futuro (futurologo), a chi il futuro lo sviluppa in Azienda collaborando già con intelligenze artificiali (manager centro ricerche IBM), a chi progetta cambiamenti culturali in Azienda (HR Manager e Responsabili Gestione e Selezione del Personale), a chi il cambiamento lo porta nelle generazioni di 20 Paesi diversi del mondo (Global HR Manager), a chi come imprenditore lo vive, a chi le nuove generazioni le forma e le insegna (prof. universitari), a chi in Azienda è entrato da qualche mese.   La collaborazione tra generazioni è un’opportunità. Il rischio è che, come scrive un autore, i gradi di separazione tra motivazione, modalità di relazione, tipo di linguaggio, gestione del tempo e dello spazio siano così diversi che l’innamoramento non avvenga. Predisponiamoci almeno per un primo incontro.Buona lettura.

Weconomy book

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    Thinking, connecting, cooperating, collaborating, swarming, empowering, democratizing, sharing: il futuro è già cambiato.

    Il primo mattone che ha dato il via al progetto Weconomy. Weconomy, L’economia riparte dal noi esplora i paradigmi e le opportunità dell’economia del Noi: più aperta, più partecipativa, più trasparente fatta di condivisione, reputazione e collaborazione. Grazie al mash-up di contributi internazionali e alla partecipazione di oltre 40 co-autori, Weconomy Book è un serbatoio di energia, pensieri, teorie, storie, pratiche e strumenti che ruotano attorno al tema del talento collettivo. Un incubatore informale e aperto al contributo di tutti, per immaginare, creare e continuare ad innovare il futuro dell’economia.

Magazine

  • Una visione completamente diversa

    Una visione completamente diversa

    Le comunità trasformative sono organismi viventi situati in spazi ibridi. Sono multidimensionali e porose, sempre in movimento e attraversate da esperienze che attivano scambi e generano azioni trasformative. È mettendo al centro queste comunità, oltre agli individui che le abitano, che possiamo affrontare le grandi sfide del presente e del futuro, generando impatti positivi.

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    UFO. Unidentified Future Organizations

    Le organizzazioni sono diventate UFO: oggetti non identificati in trasformazione. Oggi abbiamo la possibilità di immaginare un futuro desiderabile per questo nuovo tipo di imprese, ibride distribuite. A partire dal nuovo ecosistema di relazioni e dai legami significativi tra persone, territori e comunità.

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    Trash. Sconfiggiamo la vendita-spazzatura

    In questo Quaderno indaghiamo le origini del trash. Che, per noi, nascono da quella vendita che non risolve problemi reali e concreti. L'antidoto è una vendita circolare e infinita, che trae il massimo vantaggio moltiplicando i punti di contatto con il Cliente, coinvolgendolo e generando una visione condivisa tra persone e organizzazioni.

  • Kill Skill: un non catalogo di competenze

    Kill Skill: un non catalogo di competenze

    Non esistono skill “a prova di futuro”. Perché, quando parliamo di abilità e competenze, in realtà parliamo di sviluppo delle persone.

    In questo Quaderno abbiamo affrontato il tema delle skill dal punto di vista sistemico, per esplorare ciò che ispira e motiva a imparare, a praticare nuovi comportamenti e innesca percorsi evolutivi che connettono persone e organizzazioni.

  • Robot: l'automazione è collaborativa?

    Robot: l'automazione è collaborativa?

    R come Robot - Quali sono le possibili relazioni tra umani e tecnologia? Il tema è esplorato indagando in due sezioni le trasformazioni a livello sociale e aziendale. Una sezione dedicata alla mostra Posthuman (svoltasi durante la MDW 2017) conclude il quaderno. L'obiettivo di questo numero è quello di fornire spunti, quello di avviare un dialogo, di stimolare un'ulteriore esplorazione di diversi punti di vista.

  • Quid novi? Generazioni che collaborano

    Quid novi? Generazioni che collaborano

    Q come Quid Novi – Generazioni che collaborano. Il quaderno numero 11 di Weconomy si concentra sulla condivisione di luoghi, tempi e spazi da parte di diverse generazioni con mindset differenti e sulle trasformazioni che questa convivenza implica. Autori dalle età, competenze e mestieri diversi, per assicurare un punto di vista molteplice. Perché la collaborazione tra generazioni è un’opportunità.

  • POP Collaboration: Point Of Presence

    POP Collaboration: Point Of Presence

    P come P.O.P. Collaboration. Il decimo quaderno descrive lo spettro di significati assunti dall’io nei processi di collaborazione. 12 autori dai background diversi si interrogano sul ruolo dell’individuo che si riprogramma e si trasforma (Hyperself) e che collabora in maniera diffusa e spontanea, essendo consapevole del ruolo degli altri io coinvolti (Integrated Self). L’io come particella fondamentale della collaborazione.

  • Oops, Or, Ok: il paradosso della scelta continua

    Oops, Or, Ok: il paradosso della scelta continua

    O come OOPS, OR, OK. Il Quaderno 9 indaga il paradosso della scelta continua: tra i 14 autori che esplorano le tematiche legate al “prendere decisioni”, troviamo dall'astronauta, al medico, dal designer al community manager, tutte persone che lavorano in contesti in forte trasformazione. Perché di fronte alla scelta e alle opzioni, l’unica scelta veramente sbagliata è non scegliere.

  • Ne(x)twork: flow, amplified identity, common environment

    Ne(x)twork: flow, amplified identity, common environment

    N come Ne(x)twork, neologismo che gioca sulle parole next, work e network. Il Quaderno 8 è dedicato al futuro del lavoro e alla necessità che questo sia connesso e condiviso in modo continuo. Una condivisione che porta alla creazione del Flow (Flusso) che l’Impresa collaborativa ha il bisogno di saper dirigere, coordinare, stimolare ed eventualmente modificare in itinere.

  • Management: Cross, Self, Content

    Management: Cross, Self, Content

    M come Management. Il settimo Quaderno esplora le mutevoli dinamiche e i cambiamenti che riguardano il mondo del Management: un racconto in tre atti di come intrecci tra universi diversi (Cross), propensione all’auto-organizzazione coordinata (SELF) e valorizzazione dei contenuti sull’offerta (Content) rappresentino le tre diverse dimensioni nelle quali l’Impresa collaborativa si sviluppa.

  • Local: Talent, Community, Making

    Local: Talent, Community, Making

    L di Local.Un’occasione per riflettere e agire sulla (e dalla) dimensione collaborativa come combinazione di Talent, Community e Making. Con inserto dedicato alla quarta dimensione del Tempo con Timescapes.

  • Info, Indie, Inter: L’Innovazione rinnovata

    Info, Indie, Inter: L’Innovazione rinnovata

    I come innovazione, che è prima di tutto unaa questione di valori (e di valore). E innovare il contenuto (Info), innovare l’attitudine (Indie), innovare la relazione (Inter) sono le tre possibili scelte di valore per le Imprese.

  • HR: Human (R)evolution

    HR: Human (R)evolution

    La “Rivoluzione dell’Impresa” che mette la persona al centro del suo futuro. Una rivoluzione che trasforma la Persona umana da risorsa ad “atleta, acrobata, artigiano”.

  • Empowerment, Feedback, Gamification: c’era una volta il Retail

    Empowerment, Feedback, Gamification: c’era una volta il Retail

    C’è e soprattutto ci sarà ancora? Se ne parla in questo terzo Quaderno attraverso 3 parole chiave: Empowerment, Feedback, Gamification, aspetti fondamentali del retail collaborativo.

  • Design: (Re)shaping Business

    Design: (Re)shaping Business

    D come Design: aperto, social e collaborativo, a disposizione dell’Impresa per (ri)dare forma al business. Un quaderno che raccoglie e sviluppa spunti e contributi emersi durante l’evento Making Together.

  • Auto, Beta, CO: (Ri)scrivere il Futuro

    Auto, Beta, CO: (Ri)scrivere il Futuro

    Il quaderno dedicato alle prime lettere dell’alfabeto per l’Impresa collaborativa: A come Auto, B come Beta, C come Co. Perché la collaborazione è sì una necessità, ma funziona solo se c’è uno scopo e un senso condiviso.