People La spontaneità organizzata nelle customer experience
Un viaggio tra le soft skill della “vendita liberata”: creatività, spontaneità e auto-organizzazione
A Parigi, qualche anno fa, ho assistito a uno spettacolo di improvvisazione teatrale: al momento di entrare in sala, le maschere hanno consegnato a ogni persona del pubblico un foglietto colorato sul quale scrivere liberamente parole che descrivessero colori, immagini, situazioni. Poco dopo, le parole sui foglietti – aperti via via sul palcoscenico – prendevano vita diventando storie esilaranti, tristi o commoventi; trame create dal gruppo di attori che, con velocità sorprendente, sapeva rinnovare le azioni, integrare nuovi elementi, aggiustare il tiro e inventare finali a sorpresa. Ma come facevano questi attori a fare mostra di tanta creatività? E, soprattutto, come potevano reagire così rapidamente ed efficacemente agli stimoli provenienti dal pubblico?
Il passo dallo stage allo store è breve: non è vantaggioso per le aziende essere rappresentate da venditori con grandi doti – ma soprattutto tecniche – di improvvisazione?
Anche la più stringata delle definizioni di “improvvisazione teatrale” è sufficiente per comprendere come l’estemporanea invenzione di testi e l’interazione con il pubblico siano di fatto rese possibili da un lungo lavoro di applicazione di una tecnica. Tecnica che permette agli attori di tutto il mondo di studiare testi e personaggi, ma anche di imparare a relazionarsi con gli altri. Si potrebbe dire che un buon improvvisatore è colui che ha la capacità di trovare risposte fulminee a imprevisti, proponendo soluzioni creative che nascono dall’ascolto dell’altro e, insieme, dal ricorso alle proprie esperienze.
Davanti al pubblico così come di fronte ai Clienti, il successo della performance dipende dalla capacità dell’attore-venditore di interpretare la situazione e dalla sua possibilità di attingere a un solido bagaglio tecnico-culturale per orientarne gli sviluppi.
Certo, ai venditori è richiesto di rispettare un’infinita – e sempre meglio definita – serie di policies aziendali che guidano e standardizzano ogni momento della relazione con il Cliente. Sono molti i brand che definiscono customer experience strutturate in ogni fase, dall’accoglienza in store al passaggio in cassa, secondo schemi dettagliati da riproporre in punti vendita sparsi per il mondo. Quando però alla burocrazia da negozio aggiungiamo l’elemento “spontaneità”, non solo introduciamo una forte leva motivazionale per il venditore, ma permettiamo alla sua relazione con il Cliente di fare un balzo qualitativo: un momento non pianificato, inaspettato, può infatti essere estremamente efficace nel creare legami. Questo perché solitamente troviamo più facile affidarci alle persone i cui comportamenti appaiono spontanei. “Appaiono”, perché, come abbiamo visto, anche la spontaneità può essere pianificata. Quello che in apparenza è un ossimoro – spontaneità organizzata – può invece essere una valida tecnica ad uso di coloro che si occupano di vendita.
L’idea è, come nell’improvvisazione teatrale, quella di fare pratica, pratica e ancora pratica per risultare più spontanei di quanto non sarebbe possibile esserlo senza preparazione: se gli attori sono capaci di affrontare le situazioni più disparate sul palcoscenico non è certo solo grazie al loro talento naturale, ma anche grazie agli esercizi fatti off stage. Lo stesso vale per un venditore che, per quanto dotato di grandi doti relazionali e perfettamente padrone dell’offerta, non sarà sempre capace di rispondere su due piedi agli stimoli di un Cliente appena conosciuto, di girare gli imprevisti a proprio favore e di proporre soluzioni efficaci, a meno che non sia allenato a improvvisare sul canovaccio.
Solo un venditore con una certa abitudine alla spontaneità organizzata potrà valorizzare al meglio una customer experience che, seppur dettagliatissima, non può prevedere qualsiasi scenario o “trama” possibile.
Alla meccanica e ripetitiva recita del copione, quindi, si sostituisce l’estemporanea improvvisazione sul canovaccio della customer experience. Questo, con soddisfazione del venditore – che può dar prova di creatività e autonomia nel declinare, di volta in volta, le indicazioni aziendali secondo i bisogni del Cliente – e del consumatore, che eviterà di trovarsi di fronte a una persona impreparata e poco ricettiva.
Fare di uno store un ambiente strutturato nel quale restano, però, spazi in cui esercitare creatività, ascolto e integrazione può favorire l’adozione di comportamenti che, anziché risultare forzosi, hanno tratti di quella naturalezza che non può scaturire dalla pura pianificazione, ma solo dalla valutazione di una situazione specifica che – nel teatro come nella vendita – è unica e irripetibile.
E se non tutto è già pianificato, al venditore non resta che trasformare il “foglietto” del suo Cliente in una storia a lieto fine.