Articoli NE(x)TWORKING: Creare flusso per uno scambio continuo
A pochi giorni dall’uscita del Quaderno #8 pubblichiamo in anteprima l’articolo della nostra Strategist e Manager of Design Logotel, Cristina Favini. Contenuti che introducono il Ne(x)tworking, tema attorno al quale è stato costruito un quaderno che esplora il futuro del lavoro che connette e che crea reti.
Se negli ultimi anni l’impegno e le energie sono state principalmente spese a supportare la metabolizzazione dell’esigenza di ripensarsi, adesso iniziamo a vedere le imprese risvegliarsi da un periodo caratterizzato da meccanismi consolidati non più attuali che le hanno imbrigliate e allontanate dal futuro, a vedere il management aprirsi a nuovi scenari, a nuove opzioni, non possiamo che esserne felici.
È bello assistere al ritrovamento della motivazione a prendersi un appuntamento con il futuro, a pensare al significato e al ruolo che hanno le organizzazioni, e che le “comunità” hanno per la società, a creare nuovi contenuti e modelli di relazione con le persone, nuovi modelli di servizio, nuovi modelli di governance della comunicazione, delle vendite…
Mi sento di dire che se ora per (più o meno) tutti è chiaro che non basta “tagliare e tagliare” ma bisogna riprogettarsi, molto meno lo è invece il come mettere a terra il tutto. Non è la prima volta che quest’anno mi trovo coinvolta in progetti in cui siamo tutti allineati sul “perché e dove andare” e devo dire anche in modo collaborativo. Nell’operatività si pensa, però, di poter riutilizzare gli stessi meccanismi, gli stessi modelli di gestione del lavoro, di organizzazione, le stesse procedure e attività frazionate, affogate nella stessa metrica dei risultati e dei Quarter. Il tutto è reso ancora più difficile perché siamo soggetti alla pressione di un contesto e di un mercato in cui tutto accade in modo confuso, in tempi più veloci e in ambiti in cui non si è più esperti.
Una volta capito, quindi, il DNA che come impresa/comunità di persone e di progetto vogliamo perseguire, una volta che abbiamo capito che tipo di ecosistema vogliamo perseguire, dobbiamo capire come “fare a portarlo a terra”. Come poter portare a bordo le nostre persone, i nostri Clienti, i nostri partner, i nostri fornitori? Come fare in modo da trasferire il progetto sulla carta a far vivere il progetto nel tempo?
Creando il “flusso”.
Siamo d’accordo che dietro progetti di trasformazione ci voglia continuità, condivisione, costante adattamento e scambio di informazioni. Questo vale per le comunità – gruppi di persone che hanno un denominatore comune – grandi come imprese, vale per una rete/comunità di venditori, vale per una comunità di cittadini, per una comunità di Clienti.
Ciascun individuo all’interno di una comunità possiede un bagaglio di conoscenze, di informazioni ed esperienze maturate sia in ambito lavorativo che nella vita personale che unite a quelle degli altri e quelle del progetto fa la differenza. La condivisione e lo scambio continuo attraverso canali e ambienti genera dei flussi, dei Flow, che possono essere letti, analizzati e indirizzati a specifici destinatari, in specifici momenti e con specifici obiettivi.
Creare Flusso, quindi, per supportare le comunità giorno dopo giorno, per “portare a terra il progetto”. Per questo riteniamo urgente affrontare in questo quaderno, arrivato alla lettera N del nostro percorso, il Ne(x)twork, per parlare del futuro del lavoro e di come questo debba essere connesso e condiviso in modo continuo.
Flusso vuol dire investire sulla fluidità attorno e dentro l’organizzazione. Il problema, però, è che non basta aggiungere altri nodi e altre maglie alla rete nella speranza che una massiccia dose di qualche lubrificante consenta alla nostra organizzazione nuove prestazioni, nuove torsioni, impossibili fino al giorno prima.
La fluidità è un fatto, ma il nostro pensiero, la nostra azione e, soprattutto, il nostro sguardo sono adeguati a tutte le sue implicazioni? Questa domanda non è più eludibile. Perché se la fluidità descrive ormai ogni aspetto, questo significa che non esistono più superfici solide attorno a noi. Neanche quella superficie monolitica che è la scrivania. Non più superfici solide, non più pareti ma membrane. La vita degli organismi è più di una metafora per dire tutto questo. La vita di un essere vivente cresce e prospera attraverso uno scambio incessante con il mondo-ambiente che lo circonda. Ma la vita è questo scambio, perché sotto la pelle – quella superficie traspirante che delimita il corpo – ogni cellula realizza in ogni istante la medesima dinamica. È scambio. Flussi di stimoli entrano ed escono incessantemente da ogni corpo vivente. Contemporaneamente flussi e stimoli lo attraversano. Nervi, vene, arterie – gli esempi sono fin troppo facili! – sono canali dentro cui passano informazioni, enzimi ed elementi nutritivi… motivazioni. Ma le loro pareti come sono fatte?
L’ambiente intorno a noi è la stessa cosa, la stessa vita, lo stesso flusso. Tanto che distinguersi non è più così facile. La sua fluidità ci attraversa. Ed anche là dove accade la vita nella sua massima espressione (e complessità), nelle persone e nel loro collaborare, in quello scambio che avviene alla massima velocità e alla massima complessità. Non ci sono più isole, come dice la Gorbis, e prima di lei il poeta John Donne, così come non ci sono più solo canali, ma traiettorie. E ogni traiettoria è una risultante, ossia è l’esito di una convergenza di elementi diversi. Per descrivere e per seguire queste traiettorie si deve essere disposti a riconoscere che non esistono più un interno e un esterno, un dentro o un fuori. D’altra parte che cosa è solo professionale o solo personale nell’energia che vivifica un network aziendale?
Il primo ostacolo è il nostro mind-set. L’idea di flessibilità che abbiamo già in testa. Quell’idea ricavata più dalle torsioni della nostra retorica che non dai fatti che accadono attorno a noi.
E, anche se a parole siamo disposti a riconoscere che l’impresa/la comunità sono ormai un network e che le informazioni che la attraversano e la “consistenza dei nodi“ (persone) sono la priorità, bisogna però andare fino in fondo e riconoscere – ancora una volta è questione di sguardo, di mind-set! – che i dati sono ricchi, ciascuno di essi è complesso: non dice una cosa sola.
Quanto del nostro network aziendale è adeguato a questo scenario? Quanti dei nostri calcoli sono disposti ad accettare che il risultato possa sistematicamente eccedere e spiazzare i termini in gioco?
In una fluidità come questa si può entrare solo da sperimentatori. C’è da imparare, c’è da testare strumenti, strategie, ruoli, visioni.
Ora: questa non è un’anticamera, è già la realtà e chi già da tempo ha riconosciuto questa fluidità, ha accettato la sfida e il rischio di nutrirsi di essa. Si sta prendendo la soddisfazione e la linfa per collaborare ad alimentarla. In Logotel progettiamo e gestiamo oltre 29 Business Community e tutti i giorni, insieme, dentro e con i nostri Clienti, aiutiamo a costruire il “flusso” a creare ambienti fisici e digitali per supportare un nuovo modo di lavorare delle comunità, con oltre 60.000 persone tutti i sacrosanti giorni. Ogni giorno ci lasciamo sorprendere da cosa il flusso, l’intelligenza collettiva, con la giusta energia, sia capace di dare vita.
Nuove modalità dunque, nuovi ruoli, nuovi strumenti, nuovi ambienti e, anche, un po’ di dopamina…