Innovation Faqs

Innovation Innovation Faqs

Dialogo immaginario sui valori dell'innovazione.

sintesi

Innovazione: il tema non è forse un po’ troppo ampio? Non ci sono dubbi: la ricerca del termine “innovation” in Google produce qualcosa come 250 milioni di risultati. Ironico, se pensiamo che, etimologicamente, “innovare” dovrebbe significare “alterare l’ordine delle cose stabilite per farne di nuove”. Nondimeno, questi 250 milioni di pagine web rappresentano la misura di due fenomeni: il primo è l’information overload che, volenti o nolenti, viviamo ogni giorno. Il secondo è la velocità del cambiamento: come possiamo umanamente tenere il passo di una simile accelerazione verso il “nuovo”? Come circoscriverlo, allora? Di quale “innovazione” parliamo? Facciamo così: di quale innovazione NON parliamo (non qui e ora, almeno)? Anzitutto di quel genere di innovazione al quale verrebbe istintivo pensare: l’innovazione tecnologica. Posto che, stando alle ultime previsioni, la famigerata Legge di Moore - che ha visto raddoppiare esponenzialmente le prestazioni dei computer da 50 anni a questa parte - pare avere una data di scadenza ormai prossima (2020?), l’innovazione tecnologica resta oggi campo d’azione di pochi player e, invece, “contesto” con il quale fare i conti per tutti gli altri. Quindi “stare al passo” con le innovazioni tecnologiche non serve a niente? Al contrario; serve, eccome. Anzi, è quasi una necessità. Ma un’impresa non “innova” se continua a fare le stesse cose di sempre, “solo” in modo differente; di reale innovazione si può parlare quando un’impresa usa mezzi nuovi (tecnologici e non) per fare effettivamente cose nuove. In altri termini: l’innovazione non è un upgrade da scaricare e installare per aggiornare il proprio sistema operativo pre-esistente. È, semmai, un enzima da far reagire organicamente con quanto si ha già “in casa”, per scatenare e accelerare nuovi processi, nuove dinamiche, perfino nuovi modelli di business. Dove sta, allora, questa innovazione da “fare” e non da “subire”? La voglio! Non pensiamo di avere soluzioni o ricette ready-made per tutte le occasioni. La nostra modesta proposta, almeno in questo numero, è di lavorare su tre possibili driver di innovazione tra i mille disponibili, tre valori d’impresa che, con un gioco di parole, crediam o possano essere d’aiuto alle imprese per riprendere a produrre valore: la I di Info, la I di Indie, la I di Inter. Info, Indie, Inter: suonano bene. Ma cosa sono esattamente? Si tratta di tre attitudini, di tre abilità, volendo esagerare anche di tre nuove “competenze” che - al pari dei tre “Auto, Beta, Co” del nostro Quaderno Making Weconomy #1 - possiamo “allenare” sia a livello personale sia organizzativo per migliorare la collettiva predisposizione all’innovazione delle nostre imprese. Qualche esempio, in concreto? Partiamo da Info. “Info” significa progettare e scambiare contenuto di valore con il proprio Cliente, interno o esterno. Innovare il contenuto non vuol dire traslare vecchie storie da un medium all’altro, quanto raccontare storie nuove e abbastanza consistenti da sopravvivere al circolo vizioso dell’overload per entrare in quello (virtuoso) del “surplus cognitivo” (cfr. Clay Shirky). “Dove vai se il contenuto non ce l’hai”, chiaro. E Indie? Strana parola. “Indie” significa tante, troppe cose. Significa autonomia e auto-attivazione - perché se il famigerato “contesto” non mi dà tempo, il tempo me lo creo. Significa produrre valore attraverso logiche che sono fuori dai radar dei modelli tradizionali (una su tutte: il crowdfunding). Significa fare propria la lezione che ci sta impartendo il movimento dei “makers”: il mercato non ci offre ciò che vogliamo? Tanto meglio: ce lo facciamo noi. Ok: ma questa Indie-pendenza non è forse il contrario della terza I, di Inter(dipendenza)? No: sono due facce della stessa medaglia. Indie non vuol dire “autarchia”, farsi le cose da soli e stop. Al contrario: quanto più si è “indie”, tanto più si è immersi in una community di analoghe realtà con le quali condividere spirito, risorse, competenze (“ecosistema”). “Inter”, con tutti gli aggettivi a cui si può legare (inter-nazionale, culturale, disciplinare…), significa allora prendere coscienza una volte per tutte dell’esistenza di una nuova dimensione del valore: non solo economico, ma anche (soprattutto?) relazionale.