Design e generazioni

Design Design e generazioni

Dialogo con Enrico Baleri sulla costruzione di un linguaggio comune in un contesto che cambia.

sintesi

Il progettista crea nuovi prodotti e servizi anche attraverso nuovi linguaggi. Si possono sviluppare progetti che tengano conto del gap generazionale? C’è un linguaggio progettuale comune e da tutti comprensibile o ogni generazione ha bisogno di traduttori più o meno automatici? Non esistono nuovi linguaggi progettuali che variano da generazione in generazione! Esiste un’unica lingua del progetto industriale che soddisfa alcuni valori del progetto stesso, tali da renderlo eterno, destinato a un mercato internazionale, salvo variazioni in corso delle sue funzioni. Il rispetto della funzione di un prodotto è fondamentale, il progettista deve adattarsi alle funzioni, passibili di cambiamenti. Oggi alcune funzioni sono obsolete e quindi modificati gli oggetti preposti: dal vecchio divano democratico per la sola conversazione a un sofà multifunzioni per dormire, fare l’amore, sognare, guardare la televisione, chiacchierare. Cambiano le funzioni della casa, anche quelle di rappresentanza; il famoso “salotto buono” diventa una componente essenziale, ma al contrarsi delle dimensioni cambia l’immagine della zona living. Inoltre l’elemento di rappresentanza della casa non è più il “salone” ma la cucina, che diventa lo spazio più amato dagli italiani, grazie al forte impulso mediatico che veniva anche da Scavolini. Ecco che la signora sposta l’attenzione dal “salotto buono” alla cucina all'americana, spesso gelida, apparentemente elementare, acciaio inox a go-go, costosa e di marca internazionale. Consapevole di lanciare una forte provocazione, direi che se togliessimo le paternità a tutti i progetti di qualità dagli anni ’50 agli anni ’80 e fino a oggi, potremmo essere incapaci di identificare i loro progettisti ma li potremmo riferire a un unico autore. Se prendessimo Braun piuttosto che AEG e li confrontassimo, nonostante i quasi cent’anni di differenza di età, potremmo dire che tutto è firmato Mari o Sapper o Castiglioni o Zanuso o Magistretti o Caccia Dominioni, il linguaggio è unico, la lingua internazionale. Nella sua esperienza di imprenditore come sono cambiate nel corso del tempo le dinamiche e le elazioni intergenerazionali tra Aziende e progettisti? Dagli anni ’50 a oggi sono cambiate molte cose: 1- Al boom economico del dopoguerra si è avvicendato un lungo periodo di contrazione dei consumi determinato dalla diversa situazione economica e finanziaria dei mercati globali. Il benessere è diventato sobrietà, la classe media si è impoverita, la necessità di funzioni è diventata imperativa, ma al tempo stesso si è allargato il mercato dell’oggetto “moderno” a una fascia di pubblico meno colta e sensibile e questo ha amplificato il mercato del prodotto kitsch o senza valori e significato. 2- Non c’è stato un vero rinnovamento imprenditoriale, perché le scuole non sono state in grado di andare oltre l’insegnamento delle forme e dei linguaggi e di insistere sulla storia del prodotto e sull’opportuno ricorso a tecnologie proprie e evolute. Forse dieci personaggi di qualità hanno fatto l’intera storia del design in Scandinavia, in Italia o negli USA e alla loro scomparsa non c’è stato ricambio generazionale. 3- Mancano una formazione culturale forte e stimoli di tipo imprenditoriale. Raramente gli imprenditori di oggi sono nati dall’esperienza, come invece è toccato a qualcuno di noi, per merito di maestri di grande rilievo. Gli imprenditori di allora come i Cassina nascevano dai Cassina, Gavina nasceva dalla sua comunione con Carlo Scarpa che ne ha provocato la trasformazione intellettuale: tutti fenomeni che analizzati uno a uno dichiarano una chiara discendenza e una forte dipendenza. Oggi gli imprenditori, spesso presuntuosi, non hanno cultura della storia e non si preoccupano di indagare le ragioni della qualità degli oggetti di progetto del passato, non sanno scegliere la qualità dei designer e vanno a cercare designer di “grido”, senza valutarne l’effettivo valore.