Companies Come in una capsula del tempo. Il delicato equilibrio delle riunioni
L'inefficacia dei meeting aziendali è ormai un cliché. Demonizzarli non è la soluzione, perché sono spazi di relazione tra persone. E possono diventare momenti per guadagnare tempo, anziché perderlo
Immaginiamo una stanza di pochi metri quadrati, bianca, fredda e impersonale. Immaginiamo di organizzare una riunione proprio qui. I colleghi entrano, li facciamo accomodare, chiudiamo la porta. Immaginiamo di avere solo 15 minuti per raggiungere risultati e decisioni perché, man mano che il tempo scorre, la stanza diventa sempre più scomoda e inospitale: il piano di lavoro inizia a oscillare; una raffica di vento investe oggetti e persone; la luce al neon va e viene; una musica fortissima ci impedisce di parlare.
Immaginiamo tutto questo e avremo The Capsule, la provocazione artistica che Renzo Rosso, fondatore di Diesel, ha presentato durante il Wired Next Fest 2018. "La capsula" è uno strumento per boicottare i meeting troppo lunghi e inefficaci. Non è un prodotto sul mercato, ma rappresenta una sensazione sempre più diffusa nelle grandi aziende: le riunioni sono infinite, interminabili, improduttive. E i dati sembrano confermarlo: un recente studio di eShare, società tecnologica di Meeting Management, dimostra che i lavoratori britannici passano circa 10 ore alla settimana in riunioni, metà delle quali non risultano necessarie.
I meeting malriusciti sono un sintomo, non la malattia
Il tempo è una risorsa “scarsa”, una dimensione sfuggente che siamo portati a preservare e difendere. Ma siamo sicuri che comprimere e velocizzare i meeting sia una soluzione? Non è forse nel tempo – speso, perso, ritrovato –, che si pensa, si progetta, si agisce? E non è forse nelle riunioni che parte e ritorna ogni azione collaborativa?
Secondo una riflessione emersa nel Quaderno 7 di Weconomy la vera sfida di oggi è imparare a prenderci il “tempo giusto” per ogni cosa e ciò significa vivere il tempo in modo diverso, guardarlo con occhi nuovi. Occhi capaci di “riconoscere davanti a noi avvenimenti, non processi”, capaci di scorgere “appuntamenti, non scadenze”; capaci forse di riscoprire nelle riunioni le (ri)unioni di persone che si incontrano, intrecciano esperienze, attivano conversazioni. Non tempo perso insomma, ma tempo preso.
Anche Paul Axtell, autore del libro Meetings matter, ricorda il valore di questi incontri e suggerisce di modificare il modo in cui li consideriamo. Ciononostante è vero che esistono riunioni efficaci e altre meno efficaci, che alcune si rivelano un’opportunità per chiarire temi strategici e portare avanti progetti, e che altre invece non creano partecipazione né raggiungono obiettivi. Queste non rappresentano soltanto un’occasione perduta, ma anche e soprattutto un costo l’impresa.
Trasformare le riunioni in momenti costruttivi è dunque una necessità percepibile e un obiettivo realizzabile che può permetterci di produrre un grande impatto sull’efficienza delle aziende, sul benessere delle persone e sulla capacità di prendere decisioni.
Non esistono ricette, ma...
Un buon punto di partenza è imparare a riconoscere gli incontri produttivi da quelli meno produttivi. Le riunioni senza un’agenda, ad esempio, saranno mal progettate e mal gestite. In quelle con troppi partecipanti, il rischio è che nessuno trovi spazio per intervenire (e pochi si sentano in dovere di farlo). In questi casi, esistono strumenti, teorie e corsi che in base ai metodi di lavoro e alla complessità delle aziende aiutano a gestire le riunioni in un delicato equilibrio di efficacia e ragionevole durata. E se, grazie a questi, le persone usciranno soddisfatte dai meeting, non ci sarà stato bisogno di avere il timer, le vibrazioni e i rumori della Capsula di Renzo Rosso.